La storia di Pinto: un altro Hachiko

La storia di Pinto: un altro Hachiko

Ultimo aggiornamento: 01 luglio, 2015

Vengono raccontate molte storie su cani che hanno seguito o cercato i loro padroni percorrendo grandi distanze, non solo spaziali ma anche temporali. Questi animali vengono considerati molto fedeli, capaci di creare dei vincoli molto forti in breve tempo, non solo con i loro padroni ma anche con chiunque dimostri loro dell’affetto e se ne prenda cura. Questa è la storia di Pinto, un altro Hachiko. 

Cani nobili e fedeli

akita

Prima di parlare di Pinto, ricordiamo un po’ la storia di Hachiko. Hachiko era un akita maschio, di colore bianco che all’età di due mesi venne trasferito dalla sua nativa Odate, al nord del Giappone, fino a Tokio, dove viveva il suo nuovo padrone, un professore del Dipartimento di Agricoltura dell’Università di Tokio di nome Ueno Hidesamuro.

Hidesamuro abituò Hachiko ad accompagnarlo tutti i giorni alla stazione dei treni di Shibuya, da cui partiva per andare a fare lezione all’Università. Nel frattempo il cane lo aspettava in un parco, e tornava alla stazione tutti i pomeriggi per accogliere il suo padrone e tornare insieme a casa.

Ripeterono questa routine per quasi due anni, dal 1923 quando Hidesaumro adottò Hachiko, fino al 21 maggio 1925, quando il professore morì a causa di un ictus mentre si trovava all’università. Come tutti i giorni , Hachiko andò a prendere il suo padrone alla stazione, ma questa volta il professore non tornò e non sarebbe mai più tornato.

Hachiko tornava tutti i giorni alla stessa ora alla stazione. Coloro che conoscevano sia Hidesamuro che il suo cane, cercarono di esortare l’animale a non tornare, ma questi tornava sempre alla stazione per aspettare il suo padrone. Indipendentemente dalle condizioni climatiche, l’akita tornò sul luogo tutti i giorni fino al 7 marzo del 1935, quando morì proprio di fronte alla stazione.

Gli abitanti del paese eressero una statua in suo onore. La stessa venne fusa durante la Seconda Guerra Mondiale per produrre delle armi, ma al termine del conflitto ne fu collocata una nuova nello stesso luogo. Ogni 8 aprile, gli abitanti di Shibuya commemorano la fedeltà di questo cane, i cui resti in parte riposano insieme al suo padrone al cimitero Minami-Aoyama di Tokio.

…E la storia di Pinto?

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La storia di Pinto non ha un finale così tragico. Al contrario, è una storia a lieto fine. Un giovane che viveva in montagna, aveva come unica compagnia un cane di razza pointer. Avava inoltre un amico che lo andava a trovare in montagna e con cui andava a caccia. Pinto li accompagnava durante queste avventure e li aiutava a cacciare.

Quando il giovane dovette andare a prestare servizio militare, chiese all’amico, padre di due bambine, di tenere il suo cane fino a quando non avesse portato a termine i suoi obblighi con il suo paese. L’amico accettò e portò con se il cane in città, a circa 80 chilometri dal paese in cui viveva.

Dato che Pinto era già adulto, l’amico pensò che si sarebbe adattato difficilmente a questa nuova vita. Inoltre la famiglia che viveva in città, non aveva mai avuto un cane , dunque lo lasciavano fuori casa e al guinzaglio durante la notte ma con il tempo allestirono per lui una sorta di magazzino affinché dormisse lì.

Quando il padrone ebbe terminato il servizio militare, tornò nel suo paese insieme al cane. Dopo pochi giorni Pinto si fece trovare davanti alla porta del magazzino della famiglia che lo aveva accolto durante l’ultimo anno. Il padrone, un po’ sorpreso, tornò a riprenderlo.  

Tuttavia, pochi giorni dopo successe la stessa cosa: Pinto percorse gli 80 chilometri che separavano il paese dalla città per ritornare a casa dell’amico del giovane. Appresa la situazione, il giovane decise di fare la scelta migliore per il suo cane e lo regalò all’amico.

La sua nuova famiglia lo accolse con immenso piacere e tanta gioia, perché col tempo tutti si erano affezionati al cane, in particolare le due bambine. Pinto infatti andava tutti i pomeriggi ad aspettare le due bimbe fuori da scuola, vicino ad un incrocio di binari, e tornava a casa con loro. Così fece fino alla sua morte.


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