Gli ultimi cani di Chernobyl

Gli ultimi cani di Chernobyl
Eugenio Fernández Suárez

Scritto e verificato il veterinario Eugenio Fernández Suárez.

Ultimo aggiornamento: 22 dicembre, 2022

Sebbene siano passati 32 anni dal drammatico e purtroppo famoso disastro di Chernobyl, nell’opinione collettiva questa catastrofe nucleare continua ad essere molto viva e presente. Le morti dirette furono appena 66. Ma, per enti come il Partito Verde Europeo o Greenpeace, questo numero, nel corso degli anni, ha superato le decine di migliaia. Oltre a loro, non possiamo dimenticarci degli animali, in particolare dei cosiddetti “cani di Chernobyl”. E a loro è dedicato questo articolo.

Il 26 aprile del 1986, si verificò uno dei più gravi disastri ambientali e umani della storia. L’incidente nucleare più letale che l’uomo abbia mai sperimentato. Per colpa del surriscaldamento di un reattore della centrale (allora ancora sotto l’egida della defunta Unione Sovietica), venne rilasciata nell’aria una quantità di radiazioni 500 volte maggiore di quella di Hiroshima.

Oltre 100.000 persone vennero evacuate, lasciando indietro un’intera cittadina fantasma. Fu elaborato un piano di contenimento con l’obiettivo di creare una “zona cuscinetto” a 30 chilometri di distanza dalla centrale nucleare esplosa. Per via delle misure tardive, le informazioni contradditorie e l’incompetenza di molti, circa sei milioni di persone sono rimaste esposte alle radiazioni. Con conseguenze assolutamente drammatiche per la salute.

Chernobyl, un rifugio per la fauna selvatica

Oggi, il reattore numero 4, in cui avvenne l’esplosione, è coperto da un’enorme sarcofago di 30.000 tonnellate. Intorno a esso, a pochi chilometri, esiste ancora un’area di esclusione conosciuta come zona di alienazione. Qui, alcune persone vivono in modo illegale e la natura ha ripreso a seguire il suo corso.

Dopo il disastro, i pini che circondavano la centrale, divennero di colore rosso o dorato. La zona fu ribattezzata “Foresta rossa” proprio per questo motivo. La maggior parte degli animali morirono e, i pochi sopravvissuti, videro ridursi notevolmente la propria capacità riproduttiva. Paradossalmente, queste aree abbandonate dall’uomo, oggi garantiscono un rifugio per la fauna selvatica.

Durante quasi 40 anni, l’attività umana in queste zone è praticamente scomparsa e gli animali selvatici sono tornati a ripopolarle, poco a poco. Qualcuno ha addirittura proposto di dichiarare il luogo riserva naturale. La verità è che, nonostante il disastro, nel lungo periodo c’è stato un aumento della biodiversità dell’area. Anche se sembra incredibile, orsi, linci, lupi e rapaci in via di estinzione hanno riconquistato il loro territorio.

un cane fotografato per le strade di Chernobyl

Ma, purtroppo, non ci sono solo buone notizie. La maggior parte di questi animali, infatti, ha una bassa aspettativa di vita e presenta anche malformazioni che ne ostacolano la riproduzione. Alcune alterazioni prodotte dalla radiazione sono sorprendenti. Per esempio, si è notato un cambiamento nel disegno delle ragnatele degli aracnidi della zona.

Le dure condizioni dei cani di Chernobyl

Tuttavia, ci sono altri animali che oggi occupano le strade vuote, un tempo piene di persone e macchine, poi devastate dal disastro nucleare. Sono i discendenti dei cani di Chernobyl a cui non fu permesso di lasciare l’area contaminata, nell’aprile del 1984. Sono riusciti a sopravvivere e regnano tra le ceneri.

Questi cani non hanno avuto una vita facile. I loro genitori sono stati separati dai loro proprietari, portati via a bordo degli autobus militari. Hanno dovuto convivere con la fauna selvatica senza l’aiuto degli umani. E’ il caso di Tarzan, un cucciolo la cui madre fu divorata dai lupi e che ora è stato adottato dalle guide turistiche di Chernobyl.

Anche le condizioni dell’ambiente sono proibitive. Oltre agli alti livelli di radiazioni, che riducono la fertilità e l’aspettativa di vita, si aggiunge l’assenza di un riparo per sopravvivere agli inverni rigidi che colpiscono questa regione dell’Europa orientale. La maggior parte dei cani di Chernobyl muoiono prima dei sei anni a causa dei residui radioattivi che persistono nei loro organismi.

In effetti, molti animali furono sacrificati dopo la catastrofe. Tuttavia, alcuni riuscirono a sopravvivere e oggi si stima che in un’area di 2.600 chilometri quadrati ci siano più di 300 cani selvatici. E’ curioso pensare che, da un punto di vista numerico, i cani sono più numerosi degli abitanti di Chernobyl. In pratica sono loro, i veri padroni della città.

Le guide, la speranza dei cani di Chernobyl

Fortunatamente, i cani possono contare sull’aiuto delle guide turistiche. Si tratta di poche persone che lavorano mostrando ai viaggiatori questo angolo d’Europa tristemente famoso. Sono loro a prendersi cura di questi animali, li controllano e, quando possibile, danno loro da mangiare e anche qualche carezza.

un cane accucciato davanti ai palazzi di Chernobyl

Sono stati creati dei piccoli rifugi per animali, che diventano piccole oasi dove i cani si nutrono di avanzi di cibo e possono trovare un tetto per superare le dure notti invernali ucraine. Ma le guide puntano il dito contro l’indifferenza e richiedono a gran voce che venga fatto un maggior sforzo per aiutare questi cani abbandonati al loro destino.

I turisti amano i cani, anche se alcuni hanno paura di loro, per via delle radiazioni. Anche se non sembra che sia rischioso vivere con loro, molti li sfuggono per evitare problemi. Ma la maggior parte delle guide non può resistere al fascino di questi animali, che cercano solo la compagnia che è stata strappata loro da un terribile errore umano.

Quale futuro per i cani di Chernobyl?

Alcune ONG, come la Clean Futures Foundation, aiutano questi cani randagi con il supporto di cliniche veterinarie mobili, per vaccinarli contro malattie come la rabbia o il parvovirus. E’ stato anche istituito un centro nel cuore della città vecchia, che consente ai pochi abitanti rimasti di portare i loro animali a farsi curare.

Vengono realizzate anche operazioni di sterilizzazione, per mantenere un controllo delle nascite e limitare il randagismo. Il problema delle radiazioni è concreto e nessuno può adottare tali animali. L’obiettivo è che, alla fine, non rimangano più cani randagi per le strade della vecchia e abbandonata Chernobyl.

Nonostante il loro destino sia tristemente segnato, ciò deve aiutarci a riflettere circa le scelte che l’uomo deve compiere, in materie tanto delicate come l’energia e la tutela dell’ambiente. Chernobyl è l’esempio del fatto che gli errori umani ricadono anche sulla natura e i suoi incolpevoli esseri viventi.


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