I selfie con i gibboni stanno portando questa specie all'estinzione

Per attirare i turisti e promettergli dei selfie con questi animali selvatici, i piccoli gibboni vengono catturati e tenuti in cattività. Una pratica che sta mettendo in pericolo la specie.
I selfie con i gibboni stanno portando questa specie all'estinzione
Eugenio Fernández Suárez

Scritto e verificato il veterinario Eugenio Fernández Suárez.

Ultimo aggiornamento: 22 dicembre, 2022

I primati della Cina e di altre zone dell’Asia sono sottoposti a varie minacce, tra le quali il turismo. I selfie con i gibboni costituiscono un enorme pericolo per queste scimmie così poco conosciute, che, in tempi recenti, hanno acquisito una notevole fama tra i social network.

L’orrore dei selfie con i gibboni

I gibboni sono dei primati molto speciali. Le lunghe braccia e il canto caratteristico contraddistinguono questo gruppo di scimmie, la maggior parte delle quali si trova minacciata dal pericolo di estinzione. Alla deforestazione del sud-est asiatico, frutto del conflitto per l’olio di palma, si aggiunge l’uso di questi primati per la realizzazione di selfie.

Una delle ONG che si dedicano maggiormente a combattere il fenomeno dei selfie con i gibboni è rappresentata dal Gibbon Rehabilitation Project. Si tratta di un centro situato in Thailandia che, nel corso degli ultimi 26 anni, è riuscito a riabilitare decine di questi primati e a restituirli al loro ambiente naturale.

Il problema deriva dal fatto che, in Thailandia, i selfie con gli animali rappresentano un settore molto importante dell’industria del turismo. Alcune specie, come quella del loris lento o quella dei gibboni, sono vittime di questo fenomeno.

Per questa attività vengono impiegati dei cuccioli e, quando parliamo di specie minacciate, di solito ci riferiamo ad animali catturati nel proprio habitat, non allevati in cattività.

Fare selfie con i gibboni conduce questa specie al pericolo di estinzione.

Il gibbone dalle mani bianche, la specie più colpita

Anche se sono molte le specie colpite dall’industria del turismo, una delle protagoniste è quella del gibbone dalle mani bianche (Hylobates lar), una specie considerata a rischio di estinzione. È caratterizzata da una pelliccia di colore marrone chiaro, che intorno al muso e sulle mani presenta una peluria bianca: da qui deriva il suo nome.

Proprio come gli altri ilobatidi, questi primati vivono in gruppi familiari che difendono il proprio territorio mediante l’emissione di vocalizzi.

Questi gruppi sono composti da un maschio e una femmina con i loro cuccioli, alla cura dei quali dedicano una notevole quantità di tempo. Si ritiene che i gibboni dalle mani bianche raggiungano la maturità sessuale intorno agli otto anni di età e che il loro periodo di allattamento duri quasi due anni.

Questo significa che si tratta di animali caratterizzati da un’infanzia molto lunga. Quindi, separarli dalla loro madre costituisce un vero e proprio atto di crudeltà. Trattandosi di primati arboricoli, accade raramente che si riesca a catturarli a terra.

Di conseguenza, di solito i cacciatori di frodo sparano contro femmine adulte accompagnate da cuccioli. Per fortuna, quando la madre cade a terra, i cuccioli possono sopravvivere e venire catturati, anche se, a volte, anche loro sono destinati a morire.

Phuket, un’oasi di pace per questa specie

Phuket è un’isola della Thailandia il cui territorio è costituito al 70% da boschi. Ciononostante, possiede numerose spiagge che godono di una certa fama turistica, come la spiaggia di Patong.

Per quanto i gibboni siano scomparsi dell’isola durante gli anni Ottanta a causa della caccia di frodo, il programma Gibbon Rehabilitation Project riesce a fare sì che le vittime dei selfie con i gibboni e gli animali che vengono sottratti al loro ambiente naturale per essere costretti a vivere come animali domestici possano ripopolare l’isola.

Reintrodurre i gibboni nel loro ambiente naturale è un'operazione delicata e spesso destinata al fallimento.

Dal 1992 sono stati reintrodotti nel loro ambiente più di tre decine di esemplari. Sono tanti, poi, i gibboni che hanno potuto nascere in mezzo alla natura. Indubbiamente non si è trattato di un lavoro facile. L’ONG ammette, infatti, di essere andata incontro a una serie di fallimenti, durante i suoi primi 10 anni di vita.

Attualmente i gibboni vengono liberati nel parco nazionale di Khao Phra Thaeo, una zona dove la caccia è vietata e nella quale vengono svolte attività educative e di protezione dell’habitat per garantire la permanenza dei gibboni.

L’ONG verifica che gli animali siano adatti a essere reintrodotti nell’ambiente, perché molti sono ormai affetti da comportamenti stereotipati che precludono questa possibilità. Nel 2012, 19 dei 54 gibboni salvati non risultavano idonei, a causa di queste ragioni.

Il procedimento adottato per questi animali consiste nella formazione di coppie stabili all’interno di gabbie nei pressi del bosco. Una volta che gli animali hanno un cucciolo e sono in grado di prendersene cura, vengono liberati nella natura.

Gli animali vengono aiutati anche tramite la somministrazione di cibo, che viene ridotto un poco alla volta, fino a quando tutto ciò che consumano non proviene dall’ambiente naturale.

In questo modo è stato possibile liberare nel 2012 animali come Cop, una femmina che veniva utilizzata per fare selfie con i gibboni nella spiaggia di Patong nel 2004 quando aveva solo due anni. È stata liberata insieme a un maschio (Jorn) e al loro cucciolo (Sherpa). Ora vivono tranquillamente nei boschi della Thailandia, lontano da una vita devastata dal turismo.


Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.