Alzheimer negli animali: nuove importanti scoperte

Alcuni studi sul cervello dei primati e dei cetacei mostrano l'evidenza di strutture proteiche tipiche del morbo di Alzheimer.
Alzheimer negli animali: nuove importanti scoperte
Paloma de los Milagros

Scritto e verificato la biologa Paloma de los Milagros.

Ultimo aggiornamento: 27 dicembre, 2022

L’Alzheimer è una malattia neurologica che ha come principale gruppo di rischio la popolazione umana di oltre 65 anni. Tuttavia, gli scienziati affermano che questa patologia può colpire anche il regno animale. Quali sono quei sintomi che aiutano a rilevare l’Alzheimer negli animali? Continuate la lettura per saperne di più.

Negli esseri umani, i primi segni chiave nella diagnosi dell’Alzheimer sono la perdita di memoria, i problemi emotivi e le difficoltà di ragionamento. Purtroppo, comunemente questi sintomi si evolvono e peggiorano con l’età del paziente, fino a raggiungere uno stato di demenza.

Il declino cognitivo è associato alla formazione di placche e grovigli di due proteine fibrose, il peptide betamiloide e la proteina Tau, nel cervello. Tuttavia, gli studi non hanno ancora confermato se queste strutture siano la causa principale della malattia o sia il risultato di un processo più ampio.

Fino ad ora, gli animali hanno giocato un ruolo chiave sia nello sviluppo di modelli scientifici per aiutare a capire la malattia che nella terapia degli esemplari colpiti. Infatti, negli ultimi anni vari animali selvatici sono diventati oggetto di studio.

Nuove scoperte sulla malattia di Alzheimer negli animali

Pochi anni fa, diverse scoperte relative al deterioramento del cervello degli animali hanno cambiato il corso della ricerca sull’Alzheimer. Infatti, era l’agosto del 2017 quando un gruppo di scienziati della Kent State University (USA) ha rilevato i segni della malattia negli scimpanzé.

Alzheimer negli animali, i primati.

La credibilità dello studio si basava sul fatto che era la prima volta che si lavorava con campioni di cervello prelevati da primati deceduti negli anni ’90. I cervelli, provenienti dal National Chimpanzee Brain Resource, hanno mostrato una maggiore quantità di placche proteiche fibrose quanto più era anziano l’animale. Si evidenziò così un analogia con la specie umana.

Più tardi, nell’ottobre dello stesso anno, un altro studio pubblicato sulla rivista Alzheimer’s & Dementia ha rivelato tracce della malattia in alcuni delfini selvatici. Questi animali, come le orche e gli umani, hanno una lunga aspettativa di vita che trascende dai loro anni fertili.

Questa possibilità di raggiungere la longevità è ciò che ha motivato un gruppo di scienziati dell’Università di Oxford (Regno Unito) a studiare la predisposizione dei cetacei a contrarre il morbo di Alzheimer.

Nella loro ricerca, hanno analizzato il cervello di alcuni delfini morti che si erano arenati sulla costa spagnola. In loro hanno trovato le formazioni proteiche fribrose caratteristiche della malattia. Questa condizione era associata alla vecchiaia ed aveva portato alla loro morte naturale.

Tuttavia, va notato che le conclusioni ottenute in entrambi gli esperimenti mancano di dati sulla sintomatologia che questi animali avrebbero potuto avere in vita. Pertanto, la loro demenza non può essere pienamente confermata.

Demenza nei cani e nei gatti

Anche se la presenza del morbo di Alzheimer non è stata confermata, questi animali sono suscettibili a soffrire di una patologia simile. Nel caso dei cani e i gatti, questa condizione è conosciuta come disfunzione cognitiva.

Disfunzione cognitiva.

Tra gli studi che mostrano la tendenza a contrarre la malattia c’è quello condotto dall’Università della California-Berkeley. In esso, il 62% dei cani analizzati, con un range di età tra 11 e 16 anni, aveva uno o più sintomi di demenza.

Alcuni dei segni più comuni di questa condizione, indicata nei cani come disfunzione cognitiva canina (CDS) sono:

  • Disturbi del ciclo del sonno. L’animale dorme più ore durante le ore diurne, quindi può svegliarsi di notte.
  • Mancanza di interazione con il proprietario o con altri animali. Nel comportamento dell’animale si evidenzia la sua inattività e mancanza di motivazione.
  • Mancanza di appetito.
  • Incontinenza urinaria o fecale.

Di fronte a questi sintomi, la cosa più consigliabile da fare è rivolgersi ad un veterinario, soprattutto se si presentano in giovane età. Tuttavia, il consiglio generale per uno stato fisiologico normale è quello di stimolare l’esercizio fisico, promuovere il gioco, far socializzare l’animale con altre persone o animali e fare molta attenzione all’alimentazione.


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