Poiché non appartengono alla famiglia dei pesci, i cetacei respirano attraverso i polmoni e non delle branchie come gli altri animali acquatici; durante le loro immersioni devono liberarsi del nitrogeno che si dissolve nel loro sangue formando bolle di gas.
Uno dei grandi misteri per noi umani è capire come si immergono i delfini e altri cetacei.
Questi mammiferi, dotati di polmoni, devono far fronte alla decompressione a cui viene sottoposto il loro corpo quando si immergono.
Scopriamo come si immergono i delfini.
Cos’è la malattia da decompressione?
La malattia da decompressione fu osservata per la prima volta nel 1839: quando i sommozzatori riemergono e tornano in condizioni atmosferiche normali, i gas dissolti nel sangue formano bolle di sangue che possono causare infarto e collasso di diversi organi.
Per evitare che i sommozzatori non soffrano per questa patologia, prima di immergersi devono respirare una miscela gassosa oltre che fermarsi ripetutamente durante la discesa. Per questo è curioso scoprire come fanno i delfini e altri mammiferi marini ad immergersi, così simili a noi dal punto di vista della respirazione e della circolazione del sangue.
Il principale elemento che si trasforma in gas dopo la rapida ascesa in superficie è il nitrogeno, che può causare questa pericolosa malattia.
Per questo, si sospetta che i delfini mettano in atto meccanismi attivi per processare questo gas.
Cosa succede quando i delfini si immergono?
Quando i delfini si immergono, rischiano di presentare questa sindrome solo in casi di forte stress, come quando restano intrappolati nelle reti da pesca o sono spaventati da ultrasuoni o dalle prospezioni geofisiche.
Il Comitato Scientifico della Fundación Oceanogràfic di Valencia, il cui acquario è il più grande d’Europa, dispone di un potente dispositivo di salvataggio di tartarughe marine selvagge, e porta avanti numerose studi di ricerca.
Secondo gli esperti, sembrerebbe che i cetacei riescano in maniera attiva a ridurre l’assorbimento di nitrogeno durante l’immersione, andando a ridurre il rischio di soffrire di questa patologia. Questi meccanismi sarebbero dovuti alla particolare struttura del loro sistema cardiocircolatorio.
Tutti i mammiferi hanno bisogno di respirare aria per vivere; nel caso dei cetacei, quando si immergono i polmoni si comprimono a causa dell’alta pressione, facendoli collassare gradualmente e permettendo al nitrogeno, tra altri gas, di passare al sangue.
Secondo gli studi, quando i delfini ed altri cetacei – come le orche – si immergono, sono capaci di evitare lo scambio di gas tra polmoni e sangue.
I polmoni dei cetacei collassano a una certa profondità, momento in cui il nitrogeno resta relegato in zone dove non può avvenire lo scambio di gas tra polmoni e sangue.
Come si immergono i delfini e altri cetacei?
I cetacei dispongono di altri meccanismi atti alle immersioni. Lo spiracolo, per esempio, è un orifizio che permette loro di respirare anche quando la testa è sott’acqua. La respirazione dei cetacei è volontaria, e lo spiracolo permette di eliminare l’acqua.
Lo spruzzo d’acqua che esce dallo spiracolo consente di identificare la specie di delfino in base alla sua altezza, alla distanza e alla direzione, giacché è comune che oltre al getto d’acqua sporga anche parte del dorso.
Si ritiene che un altro sistema che permette di evitare la sindrome da decompressione stia nei polmoni: questi non hanno i lobi e sono più piccoli rispetto ai mammiferi terrestri.
Inoltre, quando i delfini si immergono possono assorbire il 90% dell’ossigeno dei polmoni, rispetto al 20% di noi umani.
I cetacei devono tornare in superficie ogni tanto per inspirare attraverso lo spiracolo. Se guardiamo i delfini del Mediterraneo, per esempio, durano 10 minuti sott’acqua, mentre la balenottera comune può arrivare a mezz’ora e il capodoglio alle due ore.
Quel che è chiaro è che più cose scopriamo su questi animali, per esempio come comunicano, si immergono o migrano, più ci meravigliamo ed accresce il senso di salvaguardia nei loro confronti.
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