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Convergenza evolutiva: la natura alla ricerca di soluzioni

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La convergenza evolutiva è la dimostrazione del fatto che la natura possiede una quantità finita di soluzioni per adattarsi all'ambiente circostante.
Convergenza evolutiva: la natura alla ricerca di soluzioni
Luz Eduviges Thomas-Romero

Scritto e verificato la biochimica Luz Eduviges Thomas-Romero

Ultimo aggiornamento: 22 dicembre, 2022

Uno degli aspetti scarsamente valorizzarti dell’evoluzione consiste nel fatto che in natura esiste una quantità finita di soluzioni efficaci che consentano di affrontare alcune sfide. Di conseguenza, diventa plausibile che alcune soluzioni emergano più volte in maniera indipendente le une dalle altre. La convergenza evolutiva consiste proprio in questo.

È  in seguito a questi processi che animali privi di rapporti tra loro e che occupano nicchie ecologiche simili sviluppino spesso tratti adattativi simili. Queste caratteristiche adattative possono svilupparsi in due specie diverse a distanza di decine di milioni di anni.

Ricordiamo, per esempio, le sorprendenti somiglianze esistenti tra gli antichi sauropodi e le moderne giraffe. Questo fenomeno può accadere anche simultaneamente, come nel caso di animali che vivono in habitat simili ma su lati opposti del pianeta.

Una soluzione scottante come esempio della convergenza evolutiva

Nelle fredde acque dell’oceano che circonda l’Antartide, i pesci presentano una caratteristica speciale che consente loro di resistere a temperature molto basse. Il segreto della loro sopravvivenza è stato scoperto dalla comunità scientifica negli anni Sessanta: si tratta di della produzione di una sorta di antigelo naturale.

Questi pesci si sono evoluti fino ad arrivare a produrre alcune proteine speciali che si legano a degli zuccheri (glicoproteine) che circolano nel loro sangue.

Questa componente agisce riducendo lievemente la temperatura alla quale i fluidi corporei dell’animale congelerebbero, provocandone la morte. Queste glicoproteine circondano ogni piccolo cristallo di ghiaccio, impedendogli di crescere.

La strategia descritta è solo una delle tante soluzioni ingegnose nelle quali possiamo imbatterci osservando la natura. Un vero e proprio successo del processo evolutivo. Ora, però, considerate questo fatto: la natura non lo ha fatto una volta sola, ma almeno due volte.

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Quando sono stati studiati i pesci all’estremità opposta del pianeta, l’Artico, gli scienziati hanno osservato che anche questi animali producevano proteine anticongelanti. Tuttavia, i geni che codificano queste proteine, nei pesci del nord e in quelli del sud, sono piuttosto differenti.

Questo fatto non deve essere fonte di sorpresa, se ricordiamo che queste due popolazioni di pesci si separarono molto tempo prima che ognuna di esse sviluppasse i geni e le proteine anticongelanti. Emerge in maniera evidente il fatto che in entrambe le popolazioni si siano manifestati episodi di evoluzione molecolare indipendenti, che hanno però prodotto lo stesso risultato funzionale.

Questo è un esempio plateale di convergenza evolutiva, il cui principio fondamentale viene definito come il processo attraverso il quale specie che non sono in relazione tra loro evolvono sviluppando caratteristiche analoghe per adattarsi a condizioni poste da habitat simili.

I pipistrelli e le balene presentano il vantaggio di essere entrambi buoni ascoltatori

I pipistrelli condividono una caratteristica adattativa con un animale estremamente differente, la balena dentata. Entrambi gli animali hanno sviluppato un sofisticato apparato sensoriale chiamato “ecolocalizzazione” o “biosonar”.

Grazie a questo sistema, sono in grado di emettere dei suoni che rimbalzano sugli oggetti che incontrano, producendo un’eco. Entrambi gli animali hanno sviluppato la capacità di ascoltare gli echi e interpretarli per orientarsi nel loro volo e nella navigazione.

I pipistrelli producono ultrasuoni (suoni ad alta frequenza) mediante la laringe e li emettono attraverso la bocca o il naso, mentre le balene fanno passare dell’aria attraverso il proprio dotto nasale per espellere le vibrazioni mediante un tessuto adiposo chiamato “melone”.

Curiosamente, questa stessa strategia si è evoluta all’interno di due ambienti molto differenti: il cielo e il mare. Ma ancora più sorprendente è il fatto che l’ecolocalizzazione sia nata indipendentemente in ognuno dei due gruppi e venga attuata da meccanismi differenti, funzionando, però, grazie alle stesse mutazioni genetiche.

Alcuni studi scientifici hanno dimostrato che i pipistrelli e le balene hanno subito gli stessi cambiamenti nel gene coinvolto nell’elaborazione dei suoni. Questo adattamento è ciò che consente a ognuno di essi di ascoltare meglio le frequenze ultrasoniche impiegate per l’ecolocalizzazione.

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Non solamente l’uomo lascia una traccia

Si pensa che i lontani antenati degli esseri umani abbiano avuto bisogno di un modo affidabile per afferrare  e manipolare strumenti, sviluppando così le impronte digitali.

Risulta interessante il fatto che anche se le impronte digitali sono uniche per ognuno di noi, non sono però un’esclusiva della specie umana. Le possiedono anche alcuni dei nostri parenti dell’ordine dei primati, infatti, come gli scimpanzé e i gorilla. Tuttavia, questo fatto non deve sorprenderci, dal momento che tutti noi le abbiamo ereditate dal nostro antenato comune.

Esiste un altro animale, in questo caso un marsupiale, che le ha sviluppate per proprio conto: il koala. I koala, infatti, possiedono impronte digitali molto simili alle nostre. Analogamente alle impronte digitali umane, quelle presenti nei koala sembrano essere uniche per ogni singolo individuo.

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Alcuni studi scientifici suggeriscono che le impronte digitali dei koala si siano sviluppate recentemente, all’interno della loro storia evolutiva.

Questa ipotesi è sostenuta dal fatto che la maggior parte dei loro parenti vicini non possiede questa caratteristica. Si ritiene che la loro comparsa potrebbe costituire un adattamento utile per afferrare e manipolare il cibo preferito del koala, le foglie di eucalipto.

In sintesi, che sia solcando i cieli, scalando alberi, scavando la terra o percorrendo i mari, i casi di convergenza evolutiva sono osservabili in ogni ambito della natura, a molte scale differenti, e non solamente all’interno del regno animale. Infatti, è presente anche nelle piante!


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  • Ballesteros Roselló, F. J. (2012). Enseñanza y divulgación de las Ciencias: Hablando con ET.
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