La tristezza bovina: di cosa si tratta?
Scritto e verificato la veterinaria Érica Terrón González
La “tristezza bovina” è un modo colloquiale per definire un gruppo di malattie che colpiscono i bovini con una certa regolarità. È una sindrome causata da due microrganismi molto diversi tra loro: un parassita ed un batterio. Entrambi vengono trasmessi dal morso di un insetto, quindi, si tratta di malattie trasmesse da vettori.
I sintomi della tristezza bovina provocano nell’animale uno stato permanente di apatia e indifferenza. Le mucche hanno un malessere generale, perdono interesse per il loro simili e per l’ambiente che le circonda. È proprio qui che risiede la difficoltà di diagnosticare la malattia. Per individuarla, bisogna rendersi conto che la cosiddetta tristezza bovina è uno stato patologico.
La tristezza bovina, una malattia che non può continuare ad essere ignorata
Col termine tristezza bovina si indicano due malattie che hanno caratteristiche diverse. Nello specifico, quando gli allevatori parlano di questa sindrome, si riferiscono alla babesiosi e l’anaplasmosi bovina. Queste due malattie sono causate dai seguenti agenti patogeni:
- Parassiti microscopici del genere Babesia.
- Batteri Gramm-vegativi (Anaplasma marginale).
La crescita delle malattie trasmesse dai vettori
L’incidenza delle malattie trasmesse dai vettori è in aumento, sia negli animali che nell’uomo. Basti pensare alla maggior parte delle malattie stagionali.
La tristezza bovina si trasmette attraverso i morsi di un antropode noto come zecca bovina comune (Rhipicephalus microplus). Si sono registrati anche dei casi in cui altri insetti succhiatori di sangue, come tafani o zanzare, sono la causa della trasmissione di questa malattia.
Quali animali soffrono di tristezza bovina?
Tutti i tipi di bovini possono soffrire di questa malattia, ma la gravità dei sintomi dipende da fattori come l’età dell’animale. I giovani vitelli di età inferiore ai dodici mesi tendono ad avere infezioni lievi con bassa mortalità.
Gli animali di età superiore ai due anni, invece, possono avere un tasso di mortalità che varia tra il 20% ed il 50%. In base a questi dati, la tristezza bovina non è una malattia grave per i vitelli, ma purtroppo lo è per i bovini adulti.
I sintomi che danno il nome ad una malattia così particolare
Le vacche che soffrono di infezioni da Babesia o Anaplasma non mostrano sintomi specifici. Questi sintomi, piuttosto, sono simili a quelli di qualsiasi altra malattia debilitante come la febbre, la perdita di appetito, la depressione o la debolezza.
Nelle vacche in lattazione si registra un rapido calo della produzione di latte che indica all’allevatore che c’è qualcosa che non va. Nei bovini da carne, invece, non si rileva la malattia fino a quando l’animale colpito non mostra estrema debolezza.
Il motivo della comparsa di questi sintomi è la distruzione dei globuli rossi a causa di uno dei microrganismi menzionati in precedenza. La malattia provoca un’anemia emolitica, dovuta alla disgregazione di queste cellule, che produce il costante peggioramento dello stato di salute dell’animale.
Ecco perché le mucche sembrano tristi: le orecchie sono abbassate, i loro volti depressi e tendono a rimanere fuori dal gruppo.
Come si effettua la diagnosi di questa malattia?
Non essendoci dei sintomi specifici, è necessaria una diagnosi differenziale con molte altre patologie bovine. Ad esempio, la leptospirosi, il botulismo o il carbonchio. Tuttavia, ci può essere qualche sospetto quando si nota la presenza di vettori all’interno della mandria.
L’unica prova clinica per confermare la diagnosi di tristezza bovina è l’osservazione diretta dei microrganismi responsabili della malattia. Attraverso alcune analisi è possibile individuare la presenza di Babesia spp o Anaplasma spp all’interno dei globuli rossi dell’animale malato.
Il passaggio finale è quello di eseguire dei test sierologici per individuare gli antigeni o il materiale genetico del microrganismo patogeno. In questo modo, sarà possibile differenziare senza possibilità di errore quale agente è la causa della malattia e procedere col trattamento.
Si può trattare la tristezza bovina?
Come per la maggior parte delle malattie infettive, se diagnosticate in tempo, è possibile controllare i sintomi. Prima di procedere con i trattamenti, bisogna sapere con certezza qual è l’organismo che ha causato la malattia:
- Per il trattamento della babesiosi, si utilizzano dei farmaci antiparassitari specifici per questi protozoi.
- Per il trattamento dell’anaplasmosi, si utilizzano dei farmaci antimicrobici come le tetracicline.
Il problema di queste patologie è che, se non si effettua in tempo la diagnosi, il peggioramento delle condizioni dell’animale in genere è irreversibile. Pertanto, la raccomandazione migliore è quella di usare i vaccini.
La vaccinazione dei bovini contro la babesiosi e l’anaplasmosi
Spesso si utilizzano dei vaccini che contengono dei globuli rossi di vacche infettate da un agente patogeno il cui carico virale è stato ridotto. In genere, si vaccinano ogni anno i bovini dai quattro ai sei mesi di età provenienti da stabilimenti dove ci sono stati degli esemplari che hanno avuto questa malattia.
Inoltre, è consigliabile vaccinare i vitellini nati in zone prive di zecche e che verranno trasferiti in allevamenti dove potrebbero esserci. Tuttavia, i vaccini sono controindicati negli animali adulti in quei casi in cui la virulenza può essere invertita. Pertanto, il vaccino si utilizza solo in casi e in condizioni molto specifici.
Sconfiggere la tristezza bovina è una vera sfida per gli allevatori sudamericani
Nei paesi dell’area tropicale e subtropicale dell’America latina, la tristezza bovina è uno dei maggiori ostacoli nell’allevamento del bestiame. Le numerose perdite di produzione di latte e carne, gli alti costi delle cure e delle vaccinazioni e l’elevata mortalità causati da questa malattia non danno tregua agli allevatori.
A causa del cambiamento climatico, questa e altre malattie trasmesse dai vettori si stanno spostando verso le regioni temperate.
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