Sapete che cos'è l'ecolocalizzazione?
Vi siete mai chiesti come fanno certi animali a orientarsi, quando camminano, nuotano o volano? Questa stessa domanda se la sono posta anche gli scienziati, prima di arrivare a coniare il termine “ecolocalizzazione”, di cui vi parleremo in questo articolo.
Ecolocalizzazione: una tecnica per interpretare l’ambiente
L’ecolocalizzazione (spesso chiamata anche biosonar) è la capacità di alcuni animali di definire un ambiente, identificando gli ostacoli fisici, scovando i pericoli e trovando le prede. Funziona attraverso l’emissione di onde sonore che rimbalzano sugli oggetti, restituendo informazioni utile all’animale.
Questo termine cominciò ad essere usato per la prima volta nel 1938, dopo diversi studi realizzati su alcune specie di pipistrelli. Vale la pena notare che non tutti i mammiferi placentati appartenenti all’ordine dei chirotteri utilizzano questo meccanismo. Però, il biosonar è utilizzato anche da cetacei (come delfini, e capodogli) e alcuni uccelli (come le rondini salangane, il guaciaro e il rondone eurasiatico). Nel mondo umano, il sonar venne inventato da Paul Langevin nel 1917: da allora barche e sottomarini possono navigare grazie a questo strumento.
L’ecolocalizzazione è molto facile da comprendere. Come esempio basta prendere un pipistrello. La sua vista è molto debole e, nella maggior parte dei casi, caccia di notte. Grazie al biosonar di cui dispone, può evitare rocce, alberi, predatori e, ovviamente, rilevare possibili prede.
Questo sistema di ecolocalizzazione permette di conoscere anche la distanza da un oggetto. Ciò è possibile grazie al ritardo con cui l’onda sonora inviata rimbalza e torna indietro.
Ma, ovviamente, dietro l’ecosonar si nascondono molte altre caratteristiche e funzionalità. Infatti, per decodificare questo messaggio è necessario che l’animale abbia un’anatomia speciale. Nel caso dei pipistrelli, le loro orecchie sono poste a una certa distanza, l’una dall’altra, per consentirgli di capire meglio cosa succede intorno a loro.
Ecolocalizzazione nei delfini
L’altro esempio più noto di ecolocalizzazione è quello dei delfini (e dei capodogli). In questo caso, il biosonar funziona attraverso l’emissione di una gamma di suoni, che viaggiano nell’acqua e permettono a questo mammifero marino di ricevere informazioni utili su ciò che lo circonda.
Usando impulsi sonori ad alta o bassa frequenza – noti come click – un delfino può trovare la sua preda e ricongiungersi con i suoi congeneri. Per farlo, ovviamente, ha bisogno di un udito direzionale sensibile e di un’intelligenza superiore.
Se analizziamo la fisionomia di questo cetaceo, è facile notare che ha uno strato oleoso di grasso sui lati della testa e la mascella inferiore, che permette di ricevere gli echi. Quando il delfino nuota, muove il cranio verso i lati, su e giù. In questo modo “esplora” ciò che lo circonda.
Il biosonar degli uccelli
Anche se i due esempi più famosi di ecolocalizzazione sono il pipistrello e il delfino, ci sono anche alcuni uccelli che hanno imparato questa tecnica e che permette loro di orientarsi. Il rondone – nella foto in basso – è simile alla rondine (anche se non sono parenti) ed è stato in grado di sviluppare un meccanismo che gli consente di sapere dove si trova anche al buio. Per questo motivo, alcuni esemplari scelgono addirittura di dormire all’interno di grotte.
La sottospecie di rondone che vive nelle Isole Cook utilizza l’ecolocalizzazione al di fuori delle tane, dalla quale esce di notte per cacciare e procurarsi il cibo.
La salangana papua è un uccello nativo della Nuova Guinea dotato di biosonar, che usa quando vola fuori dal nido. Si differenzia dalle altre specie perché emette semplici click e non doppi, come invece fanno altre rondini del genere Aerodramus.
Infine, vale la pena menzionare anche il guaciaro (Steatornis caripensis) noto anche come “uccello delle caverne” che è frugivoro e ha abitudini notturne: lui utilizza l’ecolocalizzazione per volare in condizioni di scarsa visibilità. Insieme al suo grande senso dell’olfatto, può mangiare la frutta migliore prima che sorga il sole. Durante il giorno si rifugia in grotte profonde e appena sveglio, mette in funzione il suo biosonar speciale, che include scatti ad alta frequenza, che possono essere percepiti senza problemi anche dall’essere umano.
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