5 specie marine in pericolo di estinzione
Il riscaldamento globale e la distruzione degli habitat naturali del nostro pianeta, purtroppo, incidono negativamente sulla biodiversità. Anche a distanza di decenni. L’aumento delle temperature colpisce, in particolare, le creature che vivono nell’oceano. Vediamo allora alcune specie marine in pericolo di estinzione, ma che speriamo riescano a resistere negli anni a venire.
La Balenottera azzurra, un gigante in pericolo
Con un peso di 200 tonnellate, circa quello di 33 elefanti, la balena blu è il più grande mammifero del pianeta. Secondo il World Wildlife Fund, si stima che attualmente rimangono pochi esemplari, compresi tra le 10.000 e 25.000 unità, nei nostri oceani.
La popolazione di balene blu è stata duramente colpita durante il XX secolo, per via della caccia indiscriminata, portata avanti per ottenere olio e altri prodotti da questo mammifero. Sebbene sia stata bandita dal 1966, ancora oggi molte balene muoiono catturate nelle reti da pesca o colpite da grandi imbarcazioni.
La tartaruga marina
L’Indonesia ospita attualmente sei specie diverse di tartarughe marine, poiché il clima e le coste sono ideali per la deposizione delle uova. Questa zona consente anche l’accesso alle rotte migratorie dal Pacifico e dall’Oceano Indiano. Il World Wide Fund for Nature sta lavorando nell’area di Papua per aiutare queste specie a sopravvivere.
Le popolazioni di queste sei specie, tuttavia, sono classificate come vulnerabili, in pericolo di estinzione grave o medio, essendo incluse nella Lista Rossa dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN). Le principali minacce di questi rettili sono la distruzione delle aree di nidificazione, la caccia illegale o lo sfruttamento incontrollato della pesca.
La vaquita, tra le specie marine sul punto di scomparire
La focena del Golfo di California o vaquita, scientificamente chiamata Phocoena sinus, è il cetaceo più raro del pianeta. Questa specie sta per estinguersi, anche se è stata scoperta solo 60 anni fa. La Lista rossa dell’Unione internazionale per la conservazione della natura, afferma che è in pericolo critico.
Nel 2015, la popolazione di vaquita marina contava appena 97 individui. Nel 2017, il 67% della popolazione è perita e attualmente ne esistono meno di 40 in tutto il mondo.
La causa principale alla base della scomparsa quasi totale di questi cetacei è l’uso di reti da pesca a strascico e altre, trasparenti, che galleggiano nell’acqua, uccidendo migliaia di creature.
Orcella asiatica
Anche se viene spesso chiamata “delfino del fiume Irawadi”, questa specie è totalmente diversa dai delfini veri e propri. Vive in Indocina, sulle coste e sugli estuari del fiume Irawadi e nelle aree vicine ai fiumi Gange e Mekong, nel sud-est asiatico. Tuttavia, non è un delfino d’acqua dolce. Il suo cranio, arrotondato e opaco, è una delle sue caratteristiche più distintive.
Questa specie ha un’aspettativa di vita di circa 30 anni ed è solitamente un nuotatore lento. La mancanza di leggi di conservazione ha fatto sì che oggi ne rimangano appena 85 esemplari e solo nell’area del fiume Mekong.
Si stima che la pesca con l’elettricità e l’uso di veleni siano le cause principali della scomparsa di questa specie, anch’essa inclusa nella lista rossa dell’Unione internazionale per la conservazione della natura.
Il pesce luna
Questa specie marina è assai difficile da studiare e monitorare, a causa della sua rarità e della carenza di esemplari. Chiamato anche Mola mola, il suo aspetto è simile a quello di una grande testa alettata. Può misurare fino a tre metri di lunghezza e pesare tra 247 e 2000 chili.
I suoi habitat si espandono attraverso gli oceani Pacifico, Indiano, Mediterraneo e Atlantico. Le maggiori popolazioni sono concentrate in Indonesia e sulle coste della California meridionale.
Sebbene questa specie sia molto fertile e non appaia ancora nella lista rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, la sua popolazione diminuisce giorno dopo giorno.
La durezza e lo spessore della loro pelle, così come le loro grandi dimensioni, spesso scoraggiano i predatori, da cui fuggono immergendosi in acque profondissime.
Se davvero si vuole intervenire e fare qualcosa per evitare questa strage di animali innocenti, occorrerà rivedere daccapo gli attuali metodi di pesca che l’uomo continua ad usare. Ogni giorno, le reti a strascico, l’elettricità, la pesca massiva, producono danni irreparabili all’ecosistema degli oceani. E, quando non vengono direttamente uccisi, questi animali vengono spinti a cambiare habitat in cerca di cibo, avvicinandosi pericolosamente agli insediamenti umani. Con tutte le conseguenze del caso.
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