Clonazione di animali in via d'estinzione
Ogni giorno si sente o si legge di un numero allarmante di specie animali o vegetali che si trovano in una situazione a rischio: l’estinzione. Le cause sono molte e diverse, ma le più rilevanti sono legate a fattori climatici e umani.
Per questo motivo un gran numero di ricercatori provenienti da tutto il mondo ha deciso di dedicarsi a trovare un metodo per conservare la flora e la fauna in via d’estinzione.
Un esempio di queste ricerche sono le scoperte realizzate da un gruppo di studiosi argentini dell’Università di Buenos Aires, i quali, nel tentativo di conservare la biodiversità, hanno clonato embrioni di ghepardo asiatico.
In questo articolo vi vogliamo raccontare in modo dettagliato la portata di questa scoperta che potrebbe essere la chiave per salvare le specie animali in via d’estinzione.
In cosa consiste la ricerca
Il ricercatore principale, Daniel Salamone, ha dichiarato a diversi media che l’équipe per il momento si sta occupando di specie non autoctone, ma ha aggiunto che l’obiettivo della loro ricerca è evitare l’estinzione delle specie locali, come ad esempio il giaguaro.
“Lo zoo di Buoenos Aires dispone di una banca dati genetica in cui vengono conservate tutte le sue specie animali, sia quelle autoctone che quelle esotiche. Abbiamo prelevato delle cellule dalla pelle congelata presente in questa banca dati per produrre embrioni di ghepardo. L’esito è stato positivo e abbiamo finalmente scoperto una tecnica di colonazione valida”, ha detto Salamone.
Prima di provare con un grande felino come il ghepardo, i ricercatori realizzarono alcuni esperimenti con gatti domestici; fino ad oggi il gruppo di ricerca ha ottenuto buoni risultati con la clonazione della tigre asiatica, il ghepardo e la tigre del Bengala.
Secondo Salamone, la tecnica di clonazione usata dai ricercatori sarà in grado di produrre cloni con un alto numero di cellule madri.
In secondo luogo, la ricercatrice Lucia Moro crede che la tecnica usata dal gruppo possa essere utilizzata anche per clonare altre specie di felini, sempre che ci sia a disposizione il materiale genetico necessario e che la qualità delle cellule lo permetta.
Bisogna sottolineare che, nonostante i risultati della ricerca abbiano avuto un esito positivo, il progetto non è andato oltre la fase embrionale. Questo dipende dall’esistenza di un codice etico e di norme stabilite da diverse associazioni che permettono di realizzare questo tipo di esperimenti solo a livello embrionale.
Clonazione per salvare animali in via d’estinzione
Nel 2009 una compagnia brasiliana in collaborazione con lo zoo di Brasilia ha iniziato a congelare sangue, sperma e cellule del cordone ombelicale di diversi animali selvatici che erano morti.
Tra i campioni estratti ve n’erano alcuni provenienti da un formichiere gigante, un bisonte e un cervo dalla coda bianca. L’idea era quella di preservare le informazioni genetiche delle specie selvatiche in via d’estinzione in Brasile.
Dopo aver messo in piedi una vasta banca dati, la compagnia ha pensato poi di utilizzare il DNA raccolto per clonare esemplari di specie in via d’estinzione e rinforzare le popolazioni animali più scarse.
Le due istituzioni al momento hanno raccolto almeno quattrocentoventi campioni di tessuto e attualmente stanno lavorando ad un progetto che prevede l’uso del DNA presente in tali campioni per migliorare le tecniche di allevamento e clonazione.
Tuttavia, le attuali tecniche di clonazione hanno un tasso di successo inferiore al 5%, nel caso di specie conosciute. Nel caso di animali selvatici, il tasso di successo in generale è dell’1%.
Molti ricercatori sono d’accordo nell’affermare che, attualmente, la clonazione non è una strategia di conservazione fattibile e nemmeno efficace.
Alcuni tra gli studiosi più conservatori sottolineano che la clonazione non prende in considerazione le vere cause del problema degli animali in via d’estinzione.
Altri studiosi dicono che, perché la clonazione vada a buon fine, ci devono essere almeno tre elementi essenziali:
- Il DNA dell’animale da clonare;
- Un ovulo in grado di ricevere il DNA;
- Una “madre” che possa ospitare la gestazione dell’embrione risultante.
Il più delle volte sono necessari centinaia di embrioni per poter generare solamente un paio di cloni.
I primi cloni
Durante la prima decade del 1950, l’Istituto di Ricerca dell’ospedale Lankenau di Filadelfia, negli Stati Uniti, clonò con esito positivo ventisette rane leopardo mediante un processo conosciuto come trasferimento nucleare.
Nel 1996, un gruppo di ricercatori in Scozia cercò di clonare una pecora appartenente alla razza Finn Dorset. Gli studiosi riuscirono a ottenere più di trenta embrioni a partire dall’iniezione di nucleo estratto dalle cellule della pecora.
Cinque di questi embrioni si svilupparono e solo una delle pecore che nacquero sopravvisse fini al raggiungimento dell’età adulta: i ricercatori la battezzarono Dolly.
A partire da quel momento sono stati in molti i biologi a suggerire, in determinate occasione, che la clonazione potrebbe essere impiegata per salvare gli animali in via d’estinzione, in particolar modo quelle specie di cui oggi sopravvivono solo pochi esemplari.
Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.