I camosci resistenti a un virus letale
Scritto e verificato il veterinario Eugenio Fernández Suárez
I camosci sono uno dei primi animali selvatici a essere stati colpiti da un pericoloso virus; specificamente, da un pestivirus chiamato “malattia di frontiera”.
Il virus dei camosci: una malattia di frontiera
Conosciuta nel mondo dell’allevamento, per gli esseri umani questa malattia è inoffensiva. Tuttavia, le sue epidemie causano un gran numero di vittime nelle popolazioni di camosci infettati (un fenomeno che colpisce tutte le popolazioni di questa specie) presenti nei Pirenei.
Dal 2001, questa malattia, nota anche come diarrea virale bovina, si è diffusa lungo i Pirenei, generando picchi di letalità superiori all’80%. Nel 2005, per esempio, ha causato la morte della quasi totalità della popolazione dell’Alt Urgell e della Cerdagna.
Tuttavia, un aspetto ha richiamato l’attenzione degli scienziati: alcune popolazioni di camosci sembravano essere immuni dal pestivirus. In effetti, sembra che in alcune zone dei Pirenei più orientali, come nel caso dell’area di Ripollès, le popolazioni si siano mantenute stabili.
I camosci di Ripollès e il virus prestivirus
Uno studio condotto in questa zona dai ricercatori di Salute animale e del Servizio di ecopatologia della fauna selvatica dell’Università di Barcellona, il SEFaS, sembra individuare la causa in un articolo scientifico che riguarda i camosci e il pestivirus in quest’area.
A quanto pare, esistono due ceppi del virus, due versioni dal differente tasso di letalità. Il ceppo più dannoso è quello che colpisce gran parte dei Pirenei Occidentali, compresa la popolazione dei camosci di Andorra.
Tuttavia, un secondo ceppo, molto meno pericoloso, definito “attenuato”, sembra essere quello che ha colpito le popolazioni dei Pirenei orientali. Questo virus non sarebbe mortale e avrebbe quindi consentito ai camosci di sviluppare anticorpi, un processo simile a una sorta di vaccinazione naturale.
Ora i camosci di Ripollès sono immuni a entrambi i ceppi, sia a quello meno virulento che a quello che causa una letalità così alta nelle zone occidentali. Questo fenomeno ha reso questi animali immuni alla malattia di frontiera.
Un virus che muta
I ricercatori sono consapevoli della natura del virus, un virus a RNA che tende a subire spesso delle mutazioni, rendendo frequente la comparsa di nuovi ceppi, come quelli che hanno colpito queste popolazioni.
Le malattie che attaccano la fauna selvatica come questi camosci possono sembrarci estranee, ma molte di esse possono arrivare a colpire il bestiame e perfino gli stessi esseri umani. Fortunatamente, i ricercatori escludono la possibilità che questi ceppi possano colpire i ruminanti domestici.
I camosci sono dei ruminanti che vivono in diverse montagne d’Europa e lungo la sua frontiera con l’Asia. Inoltre, sono stati introdotti in paesi come l’Argentina e la Nuova Zelanda.
Si tratta di animali che possono arrivare a vivere a 3.000 metri di altitudine: di conseguenza, è possibile trovarli nelle grandi catene montuose del continente europeo, come le Alpi, il Caucaso o i Pirenei.
Sia i maschi che le femmine di camoscio sono animali socievoli, che si riuniscono durante il periodo dell’allevamento dei cuccioli. Non si trovano in pericolo di estinzione, ma il futuro delle popolazioni dei Pirenei preoccupa i ricercatori, a causa della presenza di questo virus letale.
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Colom‐Cadena, A., Marco, I., Fernández Aguilar, X., Velarde, R., Espunyes, J., Rosell, R., … & Cabezón, O. (2019). Experimental infection with high‐and low‐virulence strains of border disease virus (BDV) in Pyrenean chamois (Rupicapra p. pyrenaica) sheds light on the epidemiological diversity of the disease. Transboundary and emerging diseases.
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