Perché pensiamo che i gatti siano meno affettuosi e amichevoli dei cani?
“Mi vuole bene solo quando gli do da mangiare”, “chiede coccole e quando gliele do mi graffia”, “mi si siede in faccia alle 3 del mattino”, chi è che non ha sentito frasi del genere da una persona che ha gatti? Infatti, la tendenza generale è quella di pensare che i gatti siano meno affettuosi dei cani, indipendentemente dall’esemplare.
Essendo queste le due specie che convivono di più con l’uomo (addirittura da secoli), non è strano scoprire che da loro ci si aspetta le stesse cose, anche se non sono lo stesso animale. Questo dà origine a pregiudizi come quello secondo cui i gatti sarebbero molto indipendenti e i cani più amichevoli. È vero? Analizziamolo.
Il processo di addomesticamento nel cane e nel gatto
Se siamo in grado di capirci e di convivere con relativa facilità con entrambe le specie è grazie al processo di addomesticamento. Anche se ormai fanno parte della nostra famiglia, il primo obiettivo della condivisione degli spazi è stato il mutualismo, seguito dallo sfruttamento.
Così, siamo passati dal condividere il cibo con i lupi all’utilizzarli come cacciatori e dal lasciare che i gatti vivessero vicino alle fattorie al portarli in casa perché cacciassero i topi. Questo processo, che è durato migliaia di anni per entrambe le specie, ha portato gli animali ad adattarsi ai bisogni umani, sia logistici che emotivi e comunicativi. Tuttavia, non si è svolto allo stesso modo per cani e gatti:
- Cani: il loro addomesticamento è iniziato in Europa circa 19.000-32.000 anni fa. Man mano che lupi e umani si avvicinavano, attraverso le prime catture si è iniziato a incorporarli nelle popolazioni e ad usarli per la caccia e il pascolo.
- Gatti: il loro addomesticamento è avvenuto più tardi, circa 10.000 anni fa. In Medio Oriente, iniziarono ad essere introdotti nelle case, nei campi e nei magazzini per la caccia ai topi. A differenza dei cani, inizialmente non dipendevano dall’uomo per il cibo.
Perché i cani sembrano più affettuosi?
Come potete vedere, il processo è stato diverso per le due specie, quindi anche il risultato sarà diverso. I cani, in questo caso, provengono da una specie di canide dal comportamento gregario e gerarchico, quindi si sono adattati a vivere con l’uomo in questo modo. Ciò implica attaccamento e comportamenti sociali agonistici che la nostra specie ha plasmato.
Un esempio molto illustrativo di ciò è che i cani hanno un muscolo aggiuntivo nelle sopracciglia che consente loro di assumere un’espressione di dolore simile alla nostra. Sì, sono proprio gli “occhioni” che fanno affinché gli diamo più cibo o smettiamo di rimproverarli. Ciò è dovuto alla selezione artificiale, secondo la quale i cani con espressioni più facili da capire per gli esseri umani erano quelli che avevano maggiori probabilità di essere allevati.
Inoltre, i cani si sono allontanati dalla vita selvatica molto prima dei gatti, quindi hanno sviluppato un comportamento molto più dipendente.
Perché si crede che i gatti siano meno affettuosi?
Innanzitutto, si tratta di una specie diversa. Può sembrare ovvio, ma spesso si ignora che i felini siano animali solitari, notturni e molto più capaci di badare a se stessi rispetto ai cani. Questo, ovviamente, si riflette nel loro comportamento, ma non significa necessariamente che non provino affetto per i loro umani.
Dal momento che i gatti sono diventati del tutto dipendenti dalla nostra specie molto più tardi dei canidi, il loro carattere è diventato meno “affettuoso”, almeno secondo l’interpretazione umana. I gatti domestici, infatti, sono i primi animali solitari ad aver subito l’addomesticamento.
Problemi di comunicazione
Come direbbe chiunque conosca la lingua dei gatti domestici, la chiave è capirli. Se non avete mai convissuto con un gatto, è facile cadere nella trappola e pensare che i gatti siano meno affettuosi dei cani, dal momento che non saltano di gioia quando varchiamo la porta e a volte ci graffiano dopo averci mostrato la pancia.
Tuttavia, l’attaccamento che i gatti provano per il loro essere umano è stato scientificamente provato adattando il famoso esperimento dello psicologo Bowlby sull’attaccamento nei bambini umani. Lo studio descrive in dettaglio la risposta di diversi gattini da 3 a 8 mesi quando il loro proprietario li lascia soli in una stanza sconosciuta.
I risultati sono stati quelli previsti: se tra uomo-gatto vi era un attaccamento sicuro, le risposte erano a basso stress ed equilibrate tra tocco ed esplorazione. Tuttavia, quelli che presentavano attaccamento ambivalente o evitante mostravano comportamenti di attaccamento eccessivo, evitanti o disorganizzati.
Comprendersi è possibile
Il vostro gatto non vi guarda con sospetto, chiude gli occhi perché si sente a suo agio. Vi mostra la pancia per indicare che si fida di voi, ma non necessariamente perché lo accarezziate. Per farla breve, i gatti non sono cani, e fino a quando il loro linguaggio non verrà compreso a fondo come quello dei canidi, continueranno a verificarsi malintesi. Tuttavia, non dubitatene: se il vostro gatto vi ama, lo capirete, perché l’affetto è un linguaggio universale.
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