Dian Fossey, la donna che diede la vita per salvare i gorilla
Scritto e verificato il veterinario Eugenio Fernández Suárez
Dian Fossey è una vera leggenda per chi lotta in difesa dei diritti degli animali. Questa donna ha dato la vita per salvare il gorilla di montagna che si trova in cima all’elenco agli esseri viventi in pericolo di estinzione. Grazie a lei, al suo lavoro e al suo sacrificio, il mondo ha conosciuto la storia di questi lontani parenti dell’uomo, iniziando a interessarsi e mobilitarsi affinché non scompaiano.
Dian Fossey, innamorata dell’Africa
Nata a San Francisco nel 1932, questa zoologa statunitense ha lavorato per diversi anni nell’ospedale del Kentucky, formandosi come terapista occupazionale. Da sempre mostrò interesse vero il continente africano, che visitò nel 1963. Questo viaggio in Africa cambiò la vita della giovane Dian, che rimase enormemente colpita dalla natura che vide lì. In particolare, dai gorilla di montagna già studiati da George Schaller.
Incontrò anche Louis Leakey, un archeologo interessato alle grandi scimmie e che sosteneva il lavoro di Jane Goodall con gli scimpanzé. Al suo ritorno negli Stati Uniti, Dian Fossey non riuscì a dimenticare le meraviglie che aveva scoperto in Uganda.
Dopo uno dei suoi incontri con il professor Leakey, in California, decise di dedicarsi a studiare i gorilla. La svolta nella sua vita stava prendendo piede. Dopo essersi specializzata in primatologia e aver appreso la lingua locale, ripartì alla volta dell’Africa Orientale.
Una giovane donna nella giungla
Dopo aver ricevuto la giusta formazione, si mise a rintracciare i gorilla e lavorò per creare un campo base nel mezzo delle montagne del Congo. Dian Fossey trascorse mesi seguendo le famiglie dei gorilla. Riuscì a mimetizzarsi tra loro e a comportarsi come loro, in modo da poterli osservare più da vicino e identificarli semplicemente dal viso. Inoltre, riuscì a disegnare le differenze del naso di questi animali.
Fossey arrivò in Congo durante un periodo segnato da diversi conflitti armati. L’esercito regolare decise di scortarla fuori dal paese, ma l’ostinata Dian Fossey decise di proseguire con la sua ricerca, a pochi chilometri dal confine, nella parte del parco Virunga appartenente al Ruanda.
Qui fondò il Centro di ricerca Karisoke, a 3000 chilometri di altezza, dove avrebbe studiato i gorilla da sola. Le persone del posto iniziarono a chiamarla “Nyiramachabelli” (“l’anziana donna che vive nella foresta senza un uomo”). Il centro iniziò a ospitare sempre nuovi studenti, ma le dure condizioni di vita, portarono molti di loro a rinunciare a tale esperienza.
I gorilla del Karisoke non erano mai stati studiati da Schaller. L’unica relazione con gli umani era attraverso il bracconaggio. Un problema che Dian dovette superare con pazienza, prima di riuscire a conquistare la fiducia dei gorilla di montagna.
Dian Fossey fu profondamente segnata dal suo primo viaggio in Uganda. Tornata negli USA, decise di dedicarsi allo studio dei gorilla di montagna. Fondò un primo centro di ricerca ma, per colpa della guerra, dovette spostarsi in Ruanda, dove creò una nuova struttura presso Karisoke.
La donna che amava i gorilla
L’amore di Dian per i gorilla non aveva limiti e la sua presenza in Ruanda non si limitava alla ricerca. Il parco Virunga è il più antico dell’Africa e, anche se la caccia era già illegale in quella fase, la zoologa fu spesso testimone di dozzine di casi di bracconaggio.
Data l’inefficienza delle guardie del parco, che erano spesso corrotte, Dian Fossey creò la Digit Foundation, attraverso la quale cercò di finanziare delle pattuglie che dovevano occuparsi di distruggere le trappole.
In appena quattro mesi, nel 1979, queste pattuglie distrussero quasi 1.000 trappole, mentre in altre aree del parco le guardie forestali non ne requisirono nessuna. L’inefficienza governativa e la corruzione portò alla lenta scomparsa di elefanti, nella riserva.
Cercò anche di proteggere i gorilla dagli eccessi del sempre maggior turismo, dato che la presenza umana produceva un forte impatto nel comportamento di queste grandi scimmie. Soprattutto lavorò per impedire il contagio di malattie mortali per i primati, come l’influenza. Come anche in altre zone dell’Africa, il turismo iniziò comunque a diffondersi in tutta l’area. Attualmente è l’unico modo per finanziare e proteggere il parco, anche se ciò che si vende è semplicemente la possibilità di vedere questi animali.
Il lavoro di Dian, come visto, andava ben oltre le sue ricerche come zoologa. Le sue iniziative contro il bracconaggio e la lotta contro la corruzione, purtroppo, la convertirono in un facile bersaglio per i criminali. Il 27 dicembre del 1985, la donna fu trovata senza vita nella sua stanza, con il corpo martoriato da gravi ferite di machete.
Fossey fu sepolta nel parco, accanto a quei gorilla che lei stessa seppellì. In particolare, accanto a Digit, la più amata da lei e la cui morte la spinse a lottare con ogni mezzo contro il bracconaggio. L’ultima annotazione nel diario di Dian Fossey prima della sua morte ci ricorda la necessità di proteggere la natura:
“Quando capisci il vero valore della vita, di ogni vita, pensi meno al passato e lotti per difendere il futuro”. (Dian Fossey)
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