La catena alimentare e la sua importanza in natura
Scritto e verificato il veterinario Eugenio Fernández Suárez
Quando parliamo dei grandi ecosistemi come le foreste del Costa Rica o le savane del Mozambico, abbiamo chiaro che ci riferiamo a enclave di tremenda ricchezza. Non tutti, invece, hanno chiaro il ruolo della catena alimentare nel regolare tali territori e le specie che vi vivono.
Cos’è la catena alimentare?
La quantità di animali di ogni specie presente in natura dipende in buona parte dalla catena alimentare. In altre parole, da chi mangia chi.
La cosiddetta catena alimentare, o catena trofica, definisce i vari livelli presenti in un ecosistema: le piante sono chiamate produttori primari, gli erbivori sono i consumatori primari e i carnivori sono i consumatori secondari.
Parliamo, in definitiva, di relazioni tra esseri viventi che sono negative per alcuni animali e positive per altri. Queste relazioni non sono meramente teoriche, infatti si ripercuotono in quello che vediamo quando decidiamo di osservare la fauna selvatica: moltissime piante, numerosi piccoli volatili e pochi uccelli rapaci.
La complessità della catena alimentare
La catena alimentare è un insieme di relazioni molto complesse e che non sono isolate. Non si tratta solo del lupo che mangia il capriolo e quest’ultimo l’erba. Per esempio, gli animali onnivori possono mangiare altri animali e anche piante.
Questo vuol dire che gli effetti dell’estinzione di una specie non sono facili da predire. La scomparsa del lupo dovrebbe fomentare la comparsa di erbivori, ma in realtà è possibile che faccia aumentare in maniera esponenziale una sola specie e che faccia sparire il resto.
In alcune occasioni la scomparsa di animali come i predatori ha effetti indiretti su specie che non mangiano; ciò è conosciuto come cascata trofica e l’esempio per eccellenza è il parco nazionale di Yellowstone.
Dopo la scomparsa dei lupi in questo parco, il numero di wapiti è aumentano enormemente, fattore che ha cambiato del tutto l’ecosistema. La ricomparsa del lupo ha fatto sì che la popolazione di questi animali diminuisse, il che ha ridotto a sua volta l’erosione dei fiumi e ha permesso la nascita di nuovi boschi favorendo il ritorno di molte specie.
A volte l’impatto di una specie sugli ecosistemi non si deve ai suoi effetti nella catena alimentare, bensì alla sua abbondanza e prevalenza. Le specie invasive introdotte in territori senza predatori ne sono un esempio, come è successo con i conigli in Australia. Altre specie, come i castori, producono direttamente cambiamenti fisici nell’ecosistema.
Quando cambiano le catene alimentari
Questi cambiamenti possono essere permanenti nella catena alimentare, come quando si verifica una estinzione. In questo caso le ripercussioni interessano in genere numerose specie, sebbene l’ecosistema finisca per stabilizzarsi.
Anche quando arriva una specie invasiva, gli ecosistemi possono finire per stabilizzarsi. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, le specie invasive sono controproducenti per la natura.
Un esempio è la comparsa del serpente marrone degli alberi nelle foreste del Guam, che ha causato l’estinzione di 12 specie di uccelli. Questi volatili distribuivano semi, motivo per cui anche le foreste stanno soffrendo e, pertanto, la capacità dell’ecosistema di immagazzinare carbonio.
Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.