La storia del cavallo in Africa dall'antichità fino a oggi


Scritto e verificato l'avvocato Francisco María García
In generale, tendiamo ad associare la fauna del continente africano ad animali esotici come leoni, rinoceronti e giraffe. Tuttavia, anche la storia del cavallo in Africa è degna di ammirazione.
I tratti tipici delle razze africane di cavalli sono una dimostrazione del lungo processo evolutivo che questi equini hanno sperimentato per adattarsi al continente.
A seguire parleremo brevemente della storia del cavallo in Africa, in particolar modo del Berbero, anche conosciuto come “il gioiello dell’Africa del Nord”.
Il Berbero: un tassello fondamentale per capire la storia del cavallo in Africa
Il Berbero è la razza di cavallo africano più emblematica. Si tratta di una razza che si è estesa attraverso il Maghreb grazie alla sua notevole resistenza e capacità di adattamento. Molti esemplari sono stati addomesticati dalle tribù mahgrebine che abitano soprattutto le zone interne dell’Africa del Nord.
Nella mitologia africana, esistono storie e credenze molto interessanti riguardo alla nascita dei cavalli Berberi. Tuttavia, le origini di questi animali sono poco chiare; alcuni ricercatori pensano che i loro antenati potrebbero essere gli equini selvatici che sopravvissero all’ultima glaciazione.
Le leggende tradizionali raccontano che i conquistatori arabi rimasero affascinati da questi equini in stato “semi selvatico”. Il tutto avvenne nell’antica regione della Barbaria, che si estendeva dal territorio che oggi appartiene ad Algeria e Marocco, fino alla frontiera con la Libia.
Esterrefatti dalla loro forza, eleganza, agilità e resistenza, i conquistatori del Medio Oriente decisero di portare alcuni esemplari insieme al loro esercito. Non passò molto tempo prima che questi equini selvatici si incrociassero con i cavalli arabi; si ottenne così una prima generazione “mista”, che potrebbe aver influenzato le attuali razze di cavalli arabi.

La storia del cavallo Berbero nelle guerre
L’Africa del Nord è stata teatro di numerosi conflitti bellici durante la sua storia per via della sua posizione strategica rispetto al continente europeo. Per questo motivo, il cavallo Berbero è stato ampiamente impiegato sul campo di battaglia fino agli Anni ’50.
Quando i conflitti sul territorio nordafricano iniziarono a cessare, tra gli Anni ’50 e ’60, questi equini furono sul punto di estinguersi. Poiché di solito non venivano impiegati per fini di mobilità e considerando che l’attività agricola era molto limitata per via delle caratteristiche del terreno e le continue battaglie, la popolazione dei Berberi si ridusse radicalmente.
La situazione iniziò a subire un’inversione per iniziativa di alcuni allevatori algerini che nel 1987 fondarono l’Organisation Mondiale du Cheval Barbe. L’attuale cavallo Berbaro, tuttavia, differisce morfologicamente dall’originale, infatti è più robusto e alto.
I cavalli africani della Namibia e la loro straordinaria evoluzione adattativa
Inizialmente i cavalli africani della Namibia erano visti come specie invasiva che avrebbe potuto causare squilibri nelle scarse flora e fauna locali. Ci fu persino un intenso dibattito sulla necessità o meno di sterminarli.
La capacità di adattamento di questo cavallo al nuovo e avverso ecosistema attirò l’attenzione dei locali e della comunità scientifica. Questi cavalli “invasivi” rappresentano uno dei pochi equini che sono riusciti a sopravvivere in un ambiente desertico.

Dopo aver realizzato una serie di studi e prove, gli scienziati notarono che questo adattamento era possibile grazie ad alcuni cambiamenti morfologici e fisiologici nell’organismo dei cavalli.
Differenze fisiche
Se ne analizziamo la morfologia, questi esemplari sono più piccoli rispetto al “cavallo africano standard”; inoltre, le loro funzioni renali li obbligano a urinare meno e ad aver bisogno di bere meno acqua rispetto agli equini che popolano altri ecosistemi.
Questa sorprendente trasformazione adattativa ha portato gli esperti a interrogarsi su come i cambiamenti climatici possono influire sugli animali, e in particolar modo sui mammiferi.
I cavalli potrebbero sopravvivere in un ambiente ostile e molto difficile per la loro costituzione fisica? Al giorno d’oggi non esiste risposta per queste domande così complesse. Tuttavia, la storia del cavallo africano e la sua costante capacità di adattamento sono prove impossibili da ignorare.
Nel frattempo, i cavalli “invasivi” sono divenuti una attrazione turistica molto popolare nella regione della Namibia e i suoi dintorni. Attualmente, il numero di esemplari continua a crescere e oggi se ne contano più di 300. Questi equini sembrano essersi adattati anche alla curiosità degli spettatori umani.
In generale, tendiamo ad associare la fauna del continente africano ad animali esotici come leoni, rinoceronti e giraffe. Tuttavia, anche la storia del cavallo in Africa è degna di ammirazione.
I tratti tipici delle razze africane di cavalli sono una dimostrazione del lungo processo evolutivo che questi equini hanno sperimentato per adattarsi al continente.
A seguire parleremo brevemente della storia del cavallo in Africa, in particolar modo del Berbero, anche conosciuto come “il gioiello dell’Africa del Nord”.
Il Berbero: un tassello fondamentale per capire la storia del cavallo in Africa
Il Berbero è la razza di cavallo africano più emblematica. Si tratta di una razza che si è estesa attraverso il Maghreb grazie alla sua notevole resistenza e capacità di adattamento. Molti esemplari sono stati addomesticati dalle tribù mahgrebine che abitano soprattutto le zone interne dell’Africa del Nord.
Nella mitologia africana, esistono storie e credenze molto interessanti riguardo alla nascita dei cavalli Berberi. Tuttavia, le origini di questi animali sono poco chiare; alcuni ricercatori pensano che i loro antenati potrebbero essere gli equini selvatici che sopravvissero all’ultima glaciazione.
Le leggende tradizionali raccontano che i conquistatori arabi rimasero affascinati da questi equini in stato “semi selvatico”. Il tutto avvenne nell’antica regione della Barbaria, che si estendeva dal territorio che oggi appartiene ad Algeria e Marocco, fino alla frontiera con la Libia.
Esterrefatti dalla loro forza, eleganza, agilità e resistenza, i conquistatori del Medio Oriente decisero di portare alcuni esemplari insieme al loro esercito. Non passò molto tempo prima che questi equini selvatici si incrociassero con i cavalli arabi; si ottenne così una prima generazione “mista”, che potrebbe aver influenzato le attuali razze di cavalli arabi.

La storia del cavallo Berbero nelle guerre
L’Africa del Nord è stata teatro di numerosi conflitti bellici durante la sua storia per via della sua posizione strategica rispetto al continente europeo. Per questo motivo, il cavallo Berbero è stato ampiamente impiegato sul campo di battaglia fino agli Anni ’50.
Quando i conflitti sul territorio nordafricano iniziarono a cessare, tra gli Anni ’50 e ’60, questi equini furono sul punto di estinguersi. Poiché di solito non venivano impiegati per fini di mobilità e considerando che l’attività agricola era molto limitata per via delle caratteristiche del terreno e le continue battaglie, la popolazione dei Berberi si ridusse radicalmente.
La situazione iniziò a subire un’inversione per iniziativa di alcuni allevatori algerini che nel 1987 fondarono l’Organisation Mondiale du Cheval Barbe. L’attuale cavallo Berbaro, tuttavia, differisce morfologicamente dall’originale, infatti è più robusto e alto.
I cavalli africani della Namibia e la loro straordinaria evoluzione adattativa
Inizialmente i cavalli africani della Namibia erano visti come specie invasiva che avrebbe potuto causare squilibri nelle scarse flora e fauna locali. Ci fu persino un intenso dibattito sulla necessità o meno di sterminarli.
La capacità di adattamento di questo cavallo al nuovo e avverso ecosistema attirò l’attenzione dei locali e della comunità scientifica. Questi cavalli “invasivi” rappresentano uno dei pochi equini che sono riusciti a sopravvivere in un ambiente desertico.

Dopo aver realizzato una serie di studi e prove, gli scienziati notarono che questo adattamento era possibile grazie ad alcuni cambiamenti morfologici e fisiologici nell’organismo dei cavalli.
Differenze fisiche
Se ne analizziamo la morfologia, questi esemplari sono più piccoli rispetto al “cavallo africano standard”; inoltre, le loro funzioni renali li obbligano a urinare meno e ad aver bisogno di bere meno acqua rispetto agli equini che popolano altri ecosistemi.
Questa sorprendente trasformazione adattativa ha portato gli esperti a interrogarsi su come i cambiamenti climatici possono influire sugli animali, e in particolar modo sui mammiferi.
I cavalli potrebbero sopravvivere in un ambiente ostile e molto difficile per la loro costituzione fisica? Al giorno d’oggi non esiste risposta per queste domande così complesse. Tuttavia, la storia del cavallo africano e la sua costante capacità di adattamento sono prove impossibili da ignorare.
Nel frattempo, i cavalli “invasivi” sono divenuti una attrazione turistica molto popolare nella regione della Namibia e i suoi dintorni. Attualmente, il numero di esemplari continua a crescere e oggi se ne contano più di 300. Questi equini sembrano essersi adattati anche alla curiosità degli spettatori umani.
Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.