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Scopriamo in che modo le guerre colpiscono gli animali

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Quando è in corso una guerra, anche la fauna silvestre e la natura vengono danneggiate. I risultati sono spesso catastrofici.
Scopriamo in che modo le guerre colpiscono gli animali
Eugenio Fernández Suárez

Scritto e verificato il veterinario Eugenio Fernández Suárez

Ultimo aggiornamento: 22 dicembre, 2022

Le guerre colpiscono gli animali. Quando immaginiamo le minacce della fauna selvatica pensiamo ai cacciatori, all’inquinamento e alla deforestazione. Anche le guerre colpiscono gli animali come qualsiasi altro intervento umano, in modi che non avremmo mai creduto.

Le guerre colpiscono gli animali

Quando è in corso una guerra, anche la fauna silvestre e la natura vengono danneggiate; uno dei primi esempi è stata la Guerra del Vietnam, dove l’esercito statunitense ha raso al suolo intere foreste con prodotti chimici e con il napalm per trovare e per sterminare i suoi nemici. Il conflitto si è concluso con la scomparsa del 70% degli uccelli e del 90% dei mammiferi della regione.

Un altro caso è quello del bisonte europeo che si è estinto in natura per via dell’enorme pressione cinegetica subita durante la Prima Guerra Mondiale.

La guerra civile in Ruanda, che ha fatto evacuare due milioni di persone, ha distrutto anche l’enorme patrimonio naturale della regione: 300.000 ettari di foresta sono stati sterminati nel Parco Nazionale dell’Akagera, insieme a quasi tutti gli elefanti e le altre specie.

Recentemente, dei conflitti come quello in Libia, hanno messo in pericolo le gazzelle, gli uccelli migratori e anche gli elefanti per via del loro avorio, che finanzia l’acquisto delle armi. In Afganistan invece, la gru siberiana e altri uccelli migratori stanno sparendo a poco a poco; per questo, vi parleremo di come le guerre colpiscono gli animali.

La guerra tra Israele e Palestina

Un buon esempio di come le guerre danneggiano gli animali e l’ambiente è il conflitto generato in Libano: nel 2006 l’esercito israeliano ha fatto istallare due serbatoi di petrolio che hanno macchiato 90 km di costa libanese di nero, uccidendo migliaia di uccelli e compromettendo gravemente uno degli ultimi habitat delle tartarughe a rischio d’estinzione, come quello della tartaruga verde.

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Un altro esempio è l’abbandono dello zoo di Gaza, nel quale centinaia di animali, come i leoni e i coccodrilli, sono morti di fame e hanno abbandonato la zona dopo l’arrivo delle forze di Hamas.

Guerra civile in Siria

La Guerra civile siriana è sempre presente tra le notizie dei telegiornali attuali. Questa ha sterminato mezzo milione di persone e anche animali.

I boschi della frontiera turca, come quello di Fronlok, stanno per sparire. Recentemente, la notizia dell’attacco a Palmira è stata trasmessa in tutte le televisioni, ma pochi sanno che ciò ha messo a rischio l’ibis eremita.

Una femmina di questa specie, Zenobah, era l’ultimo esemplare di ibis eremita che migrava ancora tra la Siria e l’Etiopia per riprodursi, e non si è fatta più vedere dopo che l’ISIS ha preso il controllo della zona: se perdesse il suo materiale genetico, sarebbe una tragedia. 

Conflitti del Sahara e del Sahel

Questi conflitti africani hanno ridotto diverse specie come le gazzelle, le antilopi e gli elefanti africani.

Si calcola che il 90% dei grandi vertebrati della regione ha iniziato ad estinguersi o a sparire completamente. Un esempio è la gazzella comune, mentre lo sfruttamento petrolifero sta portando alla scomparsa dell’antilope Addax. 

Uno studio realizzato da vari ricercatori spagnoli pianifica delle soluzioni per la conservazione di queste specie, spiegando alla perfezione come la guerra colpisca gli animali in modo inarrestabile.

Guerre del Congo

Se c’è una guerra che ha macchiato l’Africa con il sangue delle persone e degli animali è quella del Congo, il conflitto bellico più disastroso per l’umanità dopo la Seconda Guerra Mondiale.

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I soldati comprano le armi grazie all’avorio, al coltan e alle corna di rinoceronti venduti per la medicina orientale, e ciò danneggia questi animali.

Il 90% degli elefanti africani è sparito perché veniva venduto il loro avorio e ci si alimentava della loro carne, mentre il rinoceronte bianco del nord si è estinto in Sudan.

La situazione è disastrosa nei parchi come quello di Garamba, dove negli ultimi due anni sono morti 3.000 elefanti; nel 1976 ce ne erano ancora 22.000, mentre attualmente ne restano meno di 2.000 esemplari.

Esiste anche la caccia delle specie minacciate per alimentarsene: il consumo della carne delle grandi scimmie, come il gorilla di montagna o lo scimpanzé, ha fatto in modo che molti esemplari di questa specie morissero nei conflitti presenti in Africa centrale.

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Guerre in Colombia

Anche se sembra che sia terminato recentemente, il conflitto contro la FARC e altre milizie finanziate da droghe coltivate nelle foreste, ha avuto un grande impatto sulla natura della Colombia. Un esempio è il governo che ha bruciato ettari di boschi per porre fine alle colture, e ciò ha causato un enorme impatto sulle zone protette.

Anche delle miniere illegali hanno finanziato queste milizie, che hanno creato dei giacimenti a cielo aperto di coltan e di oro, e ciò ha danneggiato le foreste; l’uso del mercurio ha colpito i fiumi insieme all’estrazione petrolifera, che ha causato numerose fuoriuscite di petrolio nelle zone umide e vergini della Colombia.

La vita dopo la guerra

Le guerre colpiscono gli animali, mentre il fine dei conflitti bellici sembra avere anche dei benefici: un esempio di ciò è la zona demilitarizzata che separa entrambe le Coree, che è larga 4 km.

La zona non è più abitata, e in questa c’è stata un’esplosione di biodiversità: sta diventando una sosta migratoria di uccelli in Asia, e potrebbe anche ospitare le temuta e schiva tigre siberiana.

Sebbene non si tratti di un vero e proprio conflitto bellico, anche il disastro di Chernobil ha fatto tornare degli animali selvatici, come gli orsi e i lupi. Sembra che la natura sappia sanare le sue ferite, sempre che l’essere umano decida di lasciarla in pace.

Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.