Non tutti i virus sono cattivi: l'esempio del batteriofago ϕ29
Scritto e verificato il biologo María Muñoz Navarro
Margarita Salas è una biochimica spagnola che ha ricevuto il premio Inventore Europeo 2019. Ha dedicato la maggior parte della propria carriera scientifica allo studio di un virus batteriofago chiamato ϕ29 (phi29), che oggi presenta importanti applicazioni biotecnologiche.
Perché possiate farvi un’idea di che cos’è questo virus, è bene ricordare che la parola “batteriofago” deriva dalla combinazione di “batterio” e “fago” (che, in greco, significa “mangiare”). Di conseguenza, stiamo parlando di un virus che “mangia” i batteri.
Nelle righe che seguono esporremo, nel modo più semplice possibile, alcune informazioni riguardanti l’importante scoperta effettuata dalla dottoressa Salas su questa entità acellulare e la sua utilità nel mondo della ricerca scientifica.
Struttura di un virus
Un virus è un agente microscopico che può infettare diversi organismi, dagli animali, alle piante e ai funghi, fino ai batteri. I virus non dispongono di una propria identità: in altre parole, per riprodursi dipendono da altre cellule. Per questa ragione vengono considerati parassiti obbligati.
Al suo interno, un virus contiene il materiale genetico, DNA o RNA, necessario per la codifica delle proprie proteine. Esternamente è avvolto da una capsula nella quale si trovano le molecole di adesione che impiegherà per unirsi alla superficie di altre cellule.
Il termine “batteriofago” e la sua importanza
I batteriofagi (o fagi) sono virus che infettano batteri. Da una parte, ci sono quelli che integrano il proprio genoma nel cromosoma della cellula ospite (fagi lisogeni), fornendo al batterio geni che codificano nuove proteine. Dall’altra, ci sono quelli che si replicano all’interno della cellula stessa, producendo successivamente la propria lisi (fagi litici).
La loro importanza deriva dalla loro capacità di ridurre le popolazioni batteriche.
Il loro impiego risale al decennio degli anni Venti, quando Félix d’Hérelle somministrò un fago per trattare la dissenteria in un bambino di 12 anni: i sintomi andarono scomparendo fino a quando, pochi giorni dopo, il bambino guarì.
Nel 1921, Richard Bruynoghe e Joseph Maisin trattarono una malattia della pelle provocata da Staphylococcus spp. utilizzando dei batteriofagi: i pazienti migliorarono in un periodo di tempo compreso tra le 24 e le 48 ore. I batteriofagi sono stati impiegati anche nella cura di migliaia di persone affette da colera e peste bubbonica.
Al giorno d’oggi, la fagoterapia viene utilizzata nell’industria alimentare per il controllo dell’E. coli O157:H7 e, in ambito sanitario, per il trattamento di malattie infettive peritoneali e dell’otite esterna o per l’eliminazione dello P. aeruginosa nei pazienti affetti da fibrosi cistica.
Margarita Salas e il batteriofago ϕ29
Margarita Salas, laureata in biochimica, è una grande scienziata spagnola. Allieva di Severo Ochoa (Premio Nobel per la medicina), con il quale ha lavorato negli Stati Uniti, ha dedicato 45 anni della propria vita allo studio del fago ϕ29, nel corso degli anni Sessanta. Per la realizzazione del suo progetto riguardante questo agente infettivo, si è basata su tre caratteristiche:
- La sue piccole dimensioni (20 geni).
- La complessità della sua morfologia.
- Il fatto che si trattasse di un fago quasi del tutto sconosciuto.
Il fago ϕ29 è un virus litico che fa parte della famiglia delle Podoviridae. È formato da una molecola di DNA a catena doppia e infetta il batterio Bacillus subtilis e altri batteri del genere Bacillus.
Questo batteriofago è stato impiegato come modello di studio in biologia molecolare per la comprensione del controllo di espressione genetica e di diversi meccanismi biologici, come la replicazione (duplicazione) del DNA.
Anche se il lavoro della dottoressa si limitava alla ricerca di base, oggi la sua scoperta possiede un’importante applicazione biotecnologica: l’uso dell’enzima DNA polimerasi del batteriofago ϕ29 per l’amplificazione del DNA.
Per rendervi più chiara la comprensione di questo avvenimento, aggiungiamo che gli enzimi sono delle proteine che accelerano le reazioni chimiche che si verificano in tutti gli organismi. In questo caso, la DNA polimerasi realizza la sintesi del DNA a partire da un DNA che funziona come uno stampo.
Che cos’è, però, l’amplificazione del DNA?
L’amplificazione del DNA viene portata a termine da un procedimento di laboratorio chiamato PCR (reazione a catena della polimerasi), attraverso il quale, a partire da una piccola quantità di DNA, si ottengono milioni di copie di questa sequenza, agevolando la sua analisi e la sua identificazione. Il suo inventore, Kary Mullis, ha ricevuto il Premio Nobel per la chimica nel 1993.
La scoperta effettuata da Salas dell’enzima DNA polimerasi del fago ϕ29 consente l’amplificazione a partire da frammenti molto più piccoli (anche più delle dimensioni di una cellula), con un margine di errore inferiore a uno su un milione di coppie di basi.
Questo sistema è conosciuto come MDA (amplificazione di spostamento multiplo). In questo modo, le prove realizzate con il DNA sono più rapide e affidabili.
Infine, è importante sottolineare che la tecnica da lei inventata possiede molteplici applicazioni in diversi ambiti scientifici, come l’oncologia, l’archeologia e la medicina legale. Per esempio, può consentire di identificare il padrone di un pelo rinvenuto sulla scena di un crimine, mentre è in grado di permettere agli oncologi di avvicinarsi a piccole sottopopolazioni cellulari che possono dare origine a tumori.
Margarita Salas ha dedicato alla ricerca tutta la propria vita. Nel mondo della scienza è considerata un punto di riferimento e la sua scoperta è destinata ad aprire numerose porte a nuovi progressi scientifici.
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- Salas, M. (2012) My life with bacteriophage phi29. Journal Of Biological Chemistry 287,53.
- Mojardín, L and Salas, M. (2016) Global transcriptional analysis of virus-host interactions between phage ϕ29 and Bacillus subtilis. Journal of Virology 90,20.
- Blanco, L, Mencía, M, Lázaro, J.M, Salas, M and De Vega, M. (2010) Improvement of ϕ29 DNA polymerase amplification performance by fusion of DNA binding motifs. PNAS 107, 38.
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