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Si può parlare con le scimmie?

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I primati non godono del linguaggio umano, sebbene siano in grado di comunicare con le persone attraverso il linguaggio dei segni. Inoltre, attraverso diversi esperimenti, si è potuto osservare che comprendono e che associano parole a cose.
Si può parlare con le scimmie?
Eugenio Fernández Suárez

Scritto e verificato il veterinario Eugenio Fernández Suárez

Ultimo aggiornamento: 27 dicembre, 2022

Si può parlare con le scimmie? Questa è una delle domande più frequenti che ci si pone riguardo ai primati. Sebbene sia possibile parlare in italiano o inglese solo con gli esseri umani, in realtà possiamo riuscire a comunicare in modo sorprendente con altri primati.

I primati usano gesti in modo naturale

Recentemente, un gruppo di scienziati ha scoperto che gli scimpanzé e i bonobo utilizzano gesti in modo naturale per comunicare e che questi sono molto simili. Alcuni sono arrivati ad ipotizzare che uno scimpanzé possa comunicare a gesti con un bonobo.

Ovviamente ciò sembra indicare che i loro comuni antenati usavano gesti simili. Alcuni di questi gesti hanno anche qualche somiglianza con quelli usati dagli esseri umani, cosa che risulta alquanto sorprendente. Questo è uno degli indicatori principali del fatto che parlare con le scimmie e con altri primati non sia affatto assurdo.

La lingua dei segni, un modo di parlare con le scimmie

Attorno agli anni ’70 esistevano ancora molti enigmi riguardo l’origine dell’intelligenza umana e del linguaggio. Sapevamo già di non provenire dalle scimmie e che l’essere umano non era l’unico a fare uso di questi strumenti.

I primi studi realizzati si basarono sull’educazione congiunta delle scimmie con piccoli di esseri umani, per capire se i primi potessero apprendere il linguaggio umano. Sebbene si rivelò che fossero in grado di comprendere molte parole, e persino di imitarne alcune, molti sottovalutarono l’uso del linguaggio in questi primati.

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Poco dopo si concepì l’idea tutt’ora vigente: il fatto che non potessero parlare non significava necessariamente che non potessero comunicare. Nacquero dunque diversi studi in cui venne insegnato a questi primati il linguaggio dei segni americano.

Il caso dello scimpanzé Washoe

Uno degli studi più conosciuti fu quello condotto su Washoe. Gli psicologi Beatrix ed Allen Gardner realizzarono per anni tutta la loro comunicazione con questo giovane scimpanzé attraverso il linguaggio dei segni. Sebbene esistano altri casi, come quello di Nim, probabilmente Washoe è il primate che rivoluzionò più di tutti gli altri il linguaggio attraverso gli esperimenti di questi psicologi.

Washoe riuscì ad imparare circa 150 parole riuscendo a comunicare alla perfezione con i suoi padroni. Faceva persino dei gesti mentre dormiva, cosa che indica che anche gli altri primati fanno sogni che producono sensazioni.

Washoe imparò a chiedere scusa e ad esprimere sentimenti quali allegria o tristezza. Successivamente, divenne capace di inventare nuove parole per riferirsi ad oggetti o persino impartire questa lingua ad altri scimpanzé e sostenere con essi delle conversazioni.

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Koko e Chantek, altre scimmie parlanti

Venne realizzato un esperimento simile con il gorilla Koko, che dopo decadi ha imparato più di 1.500 parole. La grande differenza è che gli scimpanzé diventano molto aggressivi durante l’adolescenza, pertanto questo esperimento è stato tra i più lunghi mai realizzati.

Esattamente come in altri casi, capisce l’inglese parlato e risponde attraverso il linguaggio dei segni. È capace, inoltre, di riconoscersi di fronte a uno specchio e di esprimere le proprie emozioni.

Chantek è un altro dei casi più conosciuti. Anche questo orango tango è stato cresciuto come un bambino ed era un grande inventore di parole. Creò parole complesse come “uccello rosso” e chiamò gli occhiali “occhio bevanda”.

I lessigrammi, un altro modo di parlare con le scimmie

Sono stati realizzati studi con altri strumenti diversi dal linguaggio dei segni. L’uso di lessigrammi da parte dello scimpanzé Lana si rivelò incredibile. Riuscì a realizzare sequenze grammaticali e a inventare nuove parole.

I lessigrammi sono fondamentalmente simboli che rappresentano parole e che permettono di dare un significato ad un’immagine senza alcun bisogno di una lingua in concreto. Attraverso lo schermo, gli animali possono selezionare i lessigrammi che vogliono.

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Nella decade degli anni ’80 si dette inizio ad un progetto con Kanzi, un bonobo che imparò l’uso dei lessigrammi da sua madre. Kanzi è bravo nel creare parole, strumenti, nello scolpire e nel fare percussioni. Inoltre, possiede abilità matematiche.

L’etica degli esperimenti per parlare con le scimmie

Anche se questi esperimenti ci hanno permesso di scoprire cose molto interessanti, bisogna chiedersi se tali progetti debbano essere davvero condotti. La cattività è negativa per questi animali, così come il tentativo di insegnar loro un nuovo metodo di comunicazione.

Affinché questi primati diventassero più docili, bisognò separarli dalla madre in modo prematuro, con tutto il trauma che una scelta di questo tipo comporta. L’umanizzazione estrema che soffrirono rese impossibile il reinserimento tra gli esemplari della loro specie.

In particolare gli scimpanzé possono diventare aggressivi, pertanto molti degli esperimenti citati furono condotti solo fino ai 6 anni di età. Ovvero prima che uno scimpanzé entri nella fase adolescenziale e diventi, di conseguenza, pericoloso.

Un esempio è il caso di Nim, uno scimpanzé simile a Washoe. In seguito a tali studi, Nim venne venduto come cavia per la sperimentazione animale invasiva. Alcuni degli animali che si sono fidati di noi, hanno ricevuto il peggio dall’essere umano.

Altri, come Koko, godono di tutte le comodità offerte dall’essere umano mentre sorprendono il mondo. Se però avessero avuto l’opportunità di conoscere un’altra vita, forse avrebbero preferito condividerla con altri esemplari della loro specie. Un tema senza dubbio controverso, cui protagonisti hanno rivoluzionato la scienza pagando un costo salato.

Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.