A cosa serve il veleno dello scorpione?
Scritto e verificato il veterinario Eugenio Fernández Suárez
Il veleno dello scorpione è molto potente. Questi aracnidi hanno una ghiandola velenosa sormontata da un pungiglione che può causare danni molto gravi all’uomo, tra cui la paralisi. Tuttavia, questo veleno così pericoloso ha per questi invertebrati una grande importanza. In questo articolo, scopriremo a cosa serve il veleno dello scorpione.
Il veleno dello scorpione
Gli scorpioni sono un gruppo di aracnidi che si caratterizzano per essere velenosi. Tuttavia, sebbene ci siano 1.800 specie, solo 25 possiedono un veleno mortale e possono essere considerate pericolose per l’uomo.
Alla fine della coda di questi animali c’è una ghiandola velenosa. Quando si sentono minacciati, gli scorpioni arricciano la coda sulla schiena e la usano come arma puntando il pungiglione verso la vittima. I peptidi contenuti in questa miscela di veleno sono altamente tossici: contengono fino a 200 tossine diverse.
Uno dei miti sul veleno dello scorpione è che colpisce loro stessi. Tra le varie leggende su questo argomento, Lord Byron nel XIX secolo affermò che potevano persino suicidarsi. Tuttavia, è stato riscontrato che gli scorpioni possono sopportare 100 volte la dose di cui hanno bisogno i mammiferi per morire.
Tipi di veleno
Come altri animali velenosi, il veleno dello scorpione può essere di due tipi: neurotossico e citotossico. Il primo agisce sui canali ionici delle cellule, alterando l’impulso nervoso e i neurotrasmettitori.
Ciò provoca forte dolore e gonfiore, oltre ad aumentare la salivazione, l’ansia e a provocare un battito cardiaco irregolare. Successivamente, il veleno colpisce la muscolatura, causando spasmi e insufficienza cardio respiratoria.
I veleni citotossici, sebbene non influenzino il trasporto dei trasmettitori, agiscono molto rapidamente, necrotizzando i tessuti circostanti.
Normalmente, il primo attacco di uno scorpione è preventivo e gli consente di difendersi, causando intenso dolore. Le seguenti punture sono più tossiche e hanno lo scopo di uccidere le prede. La comunità scientifica non conosce ancora in che modo gli scorpioni realizzino questo cambiamento.
Usi del veleno di scorpione
Forse non lo sapevate, ma il veleno dello scorpione può avere anche una qualche utilità per la specie umana. Infatti, la capacità di bloccare i canali ionici di questo veleno si è dimostrata utile per la cura di alcune malattie umane.
Nel corso della storia, il veleno di scorpione è stato usato con successo nell’ambito medico. Ad esempio, il veleno dello scorpione imperatore viene usato attualmente per curare le aritmie cardiache.Un altro esempio esaustivo è lo scorpione del deserto, che ha una clorotossina che si lega ai recettori delle cellule tumorali. Questa tossina nella sua versione sintetica consentirebbe di creare dei trattamenti che agiscono specificamente contro i tumori senza intaccare le cellule sane.
Un team dell’Istituto di ricerca biomedica di Barcellona ha usato il veleno dello scorpione del deserto per superare la barriera emato-encefalica. La protezione del cervello da determinate sostanze ha reso difficile l’applicazione di determinati farmaci, tuttavia la clorotossina modificata può superare questa barriera.
Secondo i ricercatori, oltre il 98% dei farmaci che sarebbero utili per alcune malattie neurologiche non può attraversare questa barriera. Quindi il fatto che questo peptide possa trasportare composti attraverso di essa è promettente.
Lo stesso laboratorio ha usato l’apamina per questo stesso scopo, un veleno trovato in insetti come le api. Secondo gli scienziati, i veleni animali potrebbero avere molte più applicazioni di quanto pensiamo in ambito medico. Forse questo aiuterà a migliorare la reputazione di questi invertebrati così temuti.
sebbene non influenzino il trasporto dei trasmettitori.
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Cristina Díaz-Perlas, Monica Varese, Salvador Guardiola, Jesús García, Macarena Sánchez-Navarro, Ernest Giralt and Meritxell Teixidó. “From venoms to BBB-shuttles. MiniCTX3: a molecular vector derived from scorpion venom” Chemical Communications (2018) DOI: 10.1039/C8CC06725B
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