Logo image
Logo image

La super vista dei pesci abissali

4 minuti
Alcuni pesci abissali hanno sviluppato degli occhi altamente sensibili che sono in grado di percepire una varietà di sfumature di colore nell'oscurità quasi totale.
La super vista dei pesci abissali
Ultimo aggiornamento: 27 dicembre, 2022

Secondo recenti scoperte, i pesci abissali che vivono in mare a profondità nelle quali la luce solare non è in grado di penetrare, sono riusciti a sviluppare una vista senza precedenti nel regno animale.

Sicuramente, questo senso della vista molto sviluppato è in linea con il debole bagliore e scintillio emessi da altre creature che si trovano in fondo al mare. Se volete saperne di più su questo affascinante fenomeno, continuate a leggere.

Da quali proteine dipende il senso della vista?

È importante notare che le cellule dei fotorecettori, bastoncelli e coni, sono neuroni specializzati nella sensibilità alla luce. Queste cellule contengono delle proteine (opsine) che rispondono alla luce in base ai pigmenti visivi che presentano.

I coni contengono tre diversi tipi di opsine. Una con maggiore sensibilità alle lunghezze d’onda lunghe (luce rossa), un’altra sensibile alle lunghezze d’onda medie (luce verde), e un’altra con maggiore sensibilità alle lunghezze d’onda corte (luce blu). La combinazione dei tre colori (rosso, giallo e blu) è alla base della percezione del colore.

I bastoncelli, che contengono rodopsina, sono più sensibili al livello di luce. Pertanto, sono responsabili della vista in condizioni di scarsa illuminazione, poiché hanno un picco di maggiore sensibilità verso le lunghezze d’onda di 500 nanometri, ovvero luce blu-verde. L’unico problema è che la percezione è monocromatica, e nell’uomo permette di vedere solo una scala di “grigi” in base alla quantità di luce.

Some figure

In che modo i pesci abissali hanno sviluppato la super vista?

Come recentemente rivelato, alcuni pesci abissali possiedono un numero straordinario di geni che codificano per le rodopsine dei bastoncelli. Come accennato, queste sono le proteine retiniche che rilevano il livello di luce e sono essenziali in condizioni di scarsa illuminazione.

Questi geni aggiuntivi si sono ramificati per produrre varianti proteiche, che si sono evolute sviluppando la capacità di catturare il maggior numero possibile di fotoni a lunghezze d’onda multiple. Ciò significa che, nonostante l’oscurità, i pesci che vagano nell’oceano profondo sarebbero in grado di vedere effettivamente a colori.

Perché il monitoraggio dei risultati è importante per lo studio dei pesci abissali?

In acque limpide, a una profondità di 1000 metri, non arriva neanche un raggio di sole. Per questo motivo, ci si aspetta che in questo “regno delle tenebre” gli occhi degli animali siano abbastanza limitati, poiché al buio non hanno una chiara funzione biologica.

Nonostante questa convinzione, i ricercatori si sono ora resi conto che le profondità marine sono permeate da una debole bioluminescenza. Questo proviene da diverse specie animali come gamberetti, polpi, batteri e persino pesci, ma non è facile da percepire. Pertanto, è normale aspettarsi che alcuni predatori si siano adattati e abbiano sviluppato il senso della vista allo scopo di rilevare le prede.

All’interno di questa nicchia marina, la maggior parte degli occhi dei vertebrati potrebbe a malapena a percepire un leggero bagliore. Tuttavia, un gruppo di esperti ha cercato i geni dell’opsina in 101 specie di pesci, inclusi sette pesci delle profondità dell’Oceano Atlantico.

Nel loro studio, hanno scoperto che la maggior parte dei pesci di acque superficiali ha una o due opsine RH1. Tuttavia, quattro delle specie che vivono in acque profonde si sono distinte dalle altre in quanto presentavano almeno cinque geni RH1. Sorprendentemente, uno di questi pesci abissali, la spinosa d’argento (Diretmus argenteus), aveva 38 geni RH1.

Un pesce sintonizzato sulla bioluminescenza

Lo studio precedente ha rivelato anche che molte delle proteine dell’opsina che si trovano nei bastoncini di Diretmus argenteus sono sensibili a diverse lunghezze d’onda. Ciò consente alla specie di vedere tutti i valori di bioluminescenza (la luce fioca emessa da altre creature).

Indica anche che gli animali che vivono in ambienti in cui vi è un’estrema assenza di luce possono essere soggetti a pressioni selettive naturali per migliorare le prestazioni visive. Per questi pesci, la debole bioluminescenza nelle profondità marine potrebbe essere vivida e varia tanto quanto quella dell’ambiente più superficiale.

Anche altri pesci abissali sono in grado di vedere la luce rossa

Un altro studio che ha esaminato tre tipi di pesci drago che vivono in fondo al mare ha scoperto che gli animali di questo taxon non solo producono luce rossa per mezzo di organi luminescenti posti sotto l’apparato oculare, ma sono dotati anche di occhi sensibili a questa parte dello spettro.

Indubbiamente, questa capacità offre loro il vantaggio unico di poter comunicare tra loro. Generalmente questa abilità viene utilizzata per la riproduzione, ma ha anche l’utilità di illuminare l’ambiente mentre i pesci cacciano le loro prede o di consentirgli di sfuggire a potenziali predatori, tutte creature che non sono in grado di percepire lunghezze d’onda lunghe.

Some figure

Applicazioni di questa scoperta

Potenzialmente, questi studi costituiscono una base di conoscenze che forse in futuro potrebbe contribuire ad alleviare, ad esempio, la cecità notturna e persino il trattamento delle malattie neurodegenerative della retina. Certamente, le future applicazioni di queste scoperte sono quantomeno promettenti.


Tutte le fonti citate sono state esaminate a fondo dal nostro team per garantirne la qualità, l'affidabilità, l'attualità e la validità. La bibliografia di questo articolo è stata considerata affidabile e di precisione accademica o scientifica.


  • Musilova, Z., Cortesi, F., Matschiner, M., Davies, W. I., Patel, J. S., Stieb, S. M., … & Mountford, J. K. (2019). Vision using multiple distinct rod opsins in deep-sea fishes. Science, 364(6440), 588-592.
  • Douglas, R. H., Genner, M. J., Hudson, A. G., Partridge, J. C., & Wagner, H. J. (2016). Localisation and origin of the bacteriochlorophyll-derived photosensitizer in the retina of the deep-sea dragon fish Malacosteus niger. Scientific reports, 6, 39395. https://www.nature.com/articles/srep39395

Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.