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Sentinelle del veleno: gli uccelli che combattono questa minaccia

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L'avvelenamento degli animali, in particolare dei rapaci, è un grave problema per gli ecosistemi naturali. Scoprite con noi quali sono le misure che vengono prese per contrastarlo.
Sentinelle del veleno: gli uccelli che combattono questa minaccia
Cesar Paul Gonzalez Gonzalez

Scritto e verificato il biologo Cesar Paul Gonzalez Gonzalez

Ultimo aggiornamento: 14 aprile, 2023

I rapaci si caratterizzano per la loro grande capacità di caccia. Tuttavia, ciò provoca un conflitto con agricoltori e allevatori di pollame e di conigli, poiché gli animali che allevano sono spesso vittime di questi predatori. Di conseguenza, per evitare perdite economiche, le persone hanno deciso di ricorrere all’uso di veleni per uccidere gli uccelli.

Il grande problema delle esche avvelenate è che uccidono qualsiasi animale le mangi. A rischio, quindi, non sono solo gli uccelli che intaccano la produzione, ma tutta la fauna nelle vicinanze. Un gruppo di animali conosciuti come “sentinelle del veleno” mette a rischio la propria vita per porre fine a questa pratica pericolosa. Scoprite di più su di loro in questo articolo.

Esche avvelenate

Alcuni allevatori e agricoltori utilizzano scarti di carne impregnati di insetticida per uccidere gli uccelli. In questo modo, invogliano gli animali a mangiare questi “bocconcini” facili, riuscendo ad avvelenarli. Sebbene possa sembrare un processo rapido, gli esemplari intossicati subiscono una morte dolorosa, accompagnata da convulsioni, mancanza di respiro e spasmi.

Tutto ciò accade pochi minuti dopo che l’uccello ha mangiato l’esca. Tuttavia, la velocità e l’efficacia dipendono dal tipo di veleno utilizzato. Ad esempio, in Spagna l’insetticida più utilizzato per contrastare i rapaci è l’Aldicarb, che uccide l’uccello in soli 15 minuti.

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Gli effetti dell’avvelenamento

Le esche avvelenate hanno lo scopo di eliminare le specie “dannose” per l’uomo e le sue attività agricole. Tuttavia, in molti casi finiscono per colpire altri animali che non hanno nulla a che fare con il problema. Alcuni degli animali maggiormente danneggiati da questa pratica immorale sono i seguenti:

  • Rapaci: tra i più comuni troviamo l’avvoltoio monaco, il grifone, il capovaccaio e il nibbio reale. Rappresentano il gruppo più colpito (35% dei casi).
  • Animali domestici: ingestione accidentale di veleni da parte dei cani (21% dei casi).
  • Carnivori terrestri: vi troviamo vittime come il lupo iberico, l’orso bruno e la lince pardina, tra gli altri (9% dei casi).

Secondo un rapporto redatto dal World Wildlife Fund e la Spanish Ornithological Society, tra il 1992 e il 2017 in Spagna sono morti in totale 21.260 animali avvelenati. Tuttavia, questi rappresentano i pochi casi in cui è stata trovata evidenza dell’evento (circa il 10-15% del totale). Per questo motivo si ritiene che il problema possa essere molto più serio.

Questa imprecisione è dovuta all’impossibilità di recuperare tutti gli uccelli che muoiono avvelenati. Inoltre, se i corpi vengono mangiati da altri animali, il problema si fa più serio, poiché nella loro carne sono ancora presenti composti tossici. Di conseguenza, si accumulano effetti collaterali che danneggiano maggiormente la natura.

Una pratica illegale quasi impossibile da rilevare

All’inizio degli anni ’80, l’avvelenamento degli animali selvatici era legale. Tuttavia, questa pratica si diffuse troppo e spinse molte specie sull’orlo dell’estinzione. Per questo motivo, intorno agli anni ’80 diversi regolamenti vietarono l’uso di queste sostanze.

Le leggi puniscono con il carcere e multano l’uso di esche avvelenate per controllare le popolazioni di rapaci. Tuttavia, molti casi non possono essere rilevati per mancanza di prove (i corpi degli animali avvelenati). Di conseguenza, il crimine rimane impunito (e vi si ricorre comunemente anche al giorno d’oggi).

L’uso del GPS negli uccelli

Con la tecnologia GPS è possibile tracciare gli uccelli per osservarne il comportamento. Questa nuova tecnica di monitoraggio si chiama telemetria ed è diventata famosa per la sua utilità nel comprendere meglio l’ecologia animale. Allo stesso modo, tali strategie possono essere utili nella lotta contro l’avvelenamento da rapaci.

Nel marzo 2010, durante il monitoraggio di un capovaccaio monitorato col GPS, si è scoperto che era stato avvelenato vicino al municipio di Siruela (Spagna). Fortunatamente il suo corpo è stato recuperato, grazie alla tecnologia che ha permesso di localizzare l’esemplare con maggiore precisione. Inoltre, è stata avviata una ricerca per trovare il possibile colpevole della morte dell’uccello.

La giustizia è arrivata solo a giugno 2013, tramite un processo che ha condannato l’agricoltore responsabile a pagare una multa di 30.000 euro e a 3 anni di interdizione dalla sua attività. Questo fatto ha evidenziato l’utilità dell’utilizzo della tecnologia GPS per monitorare gli uccelli, poiché in questo modo si può risalire al responsabile degli avvelenamenti per punirlo. Inoltre, permette di recuperare il corpo, che funge da prova in tribunale.

Le sentinelle velenose che rischiano la vita

Nel luglio 2021, il World Wide Fund for Nature (o WWF per il suo acronimo in inglese) ha lanciato il programma “Poison Sentinels”. Questo progetto è guidato da 6 uccelli dotati di GPS, che cercano di combattere la minaccia dell’avvelenamento in territorio spagnolo. Grazie ad essi è possibile recuperare le prove e identificare i colpevoli di questo reato.

Questi uccelli mettono a rischio la propria vita per rendere giustizia ai loro compagni, perché solo nel momento in cui vengono avvelenati sarà possibile identificare i colpevoli. Tuttavia, in questo modo si può garantire che i casi non restino impuniti. Ciò significa che, per combattere queste pratiche illegali, le sentinelle del veleno dovranno morire.

Questa pratica non ha l’obiettivo di far morire le sentinelle. La speranza è semplicemente quella di poter registrare l’avvelenamento nel caso in cui questo si verifichi naturalmente.

I 6 membri di questa squadra di sentinelle sono elencati di seguito:

  • Escobalon (il capo): avvoltoio monaco maschio (Aegypius monachus) che sorvola Madrid. Suo figlio Iruelo è caduto vittima del veleno.
  • Jara (l’irascibile): femmina di nibbio reale (Milvus milvus) che svetta nei cieli di Castilla-La Mancha.
  • Montejo (il simpaticone): capovaccaio maschio (Neophron percnopterus) che vola per l’altopiano centrale della Spagna.
  • Elmo (il mercenario): nibbio reale maschio (Milvus milvus) che sorvola la regione centrale della penisola iberica.
  • Timón (l’incompreso): avvoltoio monaco maschio (Aegypius monachus) che copre la regione meridionale della Spagna.
  • Salvia (l’unificatrice): femmina di nibbio reale (Milvus milvus) incaricata di proteggere la regione dell’Estremadura, dell’Andalusia e del Portogallo.
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L’utilità della tecnologia nella conservazione

Grazie al GPS, gli uccelli sono diventati sentinelle che rischiano la propria vita per proteggere i loro simili dal veleno. In questo modo, l’avvelenamento degli animali non passerà più inosservato, cosa che aiuterà a proteggere diverse specie in via di estinzione. Anche se potrebbe non sembrare, la tecnologia può costituire un forte alleato per garantire la conservazione degli animali.


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