Tutto sull'otarda, un elegante uccello che può pesare 20 kg
Scritto e verificato l'avvocato Francisco María García
“Uccello lento”. È dalla combinazione di queste due parole latine, infatti, avis e tarda, che deriva il suo nome. Anche se l’otarda si caratterizza per i suoi movimenti pesanti e tranquilli, a volte può raggiungere velocità che generano qualche dubbio sulla correttezza del nome che le è stato attribuito.
L’otarda è uno degli animali dotati di ali che presentano il maggior dimorfismo sessuale. I maschi misurano circa 105 centimetri di altezza per 115 centimetri di larghezza, con un’apertura alare che raggiunge i 2,7 metri.
Le femmine, invece, raggiungono gli 85 centimetri di altezza per 90 centimetri di larghezza, mentre le loro ali spiegate arrivano a sviluppare un’ampiezza di 180 centimetri.
Si tratta dell’uccello più pesante di tutta l’Europa. Non esiste un’altra specie che, per poter volare, sia costretta a sollevare un carico così pesante. Anche se le femmine pesano in media circa 4 chilogrammi, i maschi raggiungono i 18 chili, e si conoscono casi di esemplari che superano il traguardo dei 20 chilogrammi.
L’otarda non è poi così lenta
Anche se non si dispone di una registrazione ufficiale della sua velocità di spostamento, sono stati osservati casi di femmine che sono riuscite a sfuggire alle volpi. Quando volano possono sviluppare velocità che si avvicinano agli 80 km orari.
La sua esistenza è nota fin dall’antichità. Se ne trova traccia in alcuni trattati di scienze naturali che risalgono al XVIII secolo. Nel 1758, infatti, il botanico e zoologo Carlo Linneo realizzò la prima descrizione scientifica di questo enorme uccellino.
Dove vive
L’otarda è un animale socievole che sceglie di vivere nelle grandi pianure, in particolare nelle steppe e nelle regioni dalla vegetazione erbacea (pascoli ed erba), dove le piogge sono poco abbondanti.
Originariamente, la maggior parte di questi uccelli si concentrava nel centro dell’Asia. Si ritiene che i loro spostamenti verso ovest si siano verificati con l’aumentare delle dimensioni delle coltivazioni di cereali nel territorio europeo.
Al giorno d’oggi, circa il 60% della popolazione mondiale dell’otarda si trova in Spagna. Una cifra che equivale a un totale complessivo di poco superiore a 23.000 esemplari. La metà si trova in nuclei presenti nelle comunità di Castiglia e León e Castiglia-La Mancia, in particolare in zone dove si praticano coltivazioni non irrigabili.
Caratteristiche generali
“Inconfondibile” è un aggettivo che descrive perfettamente l’otarda. La sua testa e il collo sono di colore grigio, ma assumono tonalità rossicce a mano a mano che il piumaggio scende verso il tronco. Le piume della regione addominale sono bianche, mentre quelle del dorso, comprese le ali, sono brune e rosse, con una striscia nera.
Con l’età adulta i maschi acquisiscono grandi piume che si dipartono dalla mandibola inferiore. Durante il periodo del calore il collo diventa più grosso e assume una vistosa tonalità rossiccia.
Maschi e femmine formano gruppi differenti. Interagiscono solamente durante il periodo riproduttivo, quando il maschio dà inizio a un peculiare rituale di corteggiamento allo scopo di attrarre le femmine, di solito in aprile.
Dall’incubazione ai nuovi pulcini
Le femmine approfittano dei dislivelli del suolo per deporvi le proprie uova, generalmente due o tre all’anno, durante il mese di maggio. L’incubazione, processo al quale i maschi non prendono parte in alcun modo, dura 21 giorni.
Una volta che sono usciti dal guscio, i pulcini sono in grado di camminare e accompagnare la madre nei suoi spostamenti, anche se non imparano a volare che dopo due mesi.
Che cosa mangia l’otarda
L’otarda è un uccello onnivoro. La sua dieta si adatta agli alimenti che trova a disposizione, in base alla stagione dell’anno. Mentre in inverno mangia quasi esclusivamente foglie verdi, durante il resto dell’anno la sua dieta comprende anche insetti, piccoli roditori, rane, lucertole e perfino uccellini di altre specie.
Una specie in pericolo
Solo il 20% delle uova deposte dalle femmine arriva a trasformarsi in esemplari adulti. Su questo tasso di mortalità influisce in larga misura la loro stessa vulnerabilità, che li rende preda facile di un buon numero di predatori, come aquile, cinghiali e altri animali.
È l’azione umana, però, il principale responsabile del basso numero di questi uccelli che sopravvive al giorno d’oggi. Le cause vanno dalla caccia “sportiva” (in Spagna è proibita dal 1980, ma in alcuni paesi arabi è ancora permessa) alla meccanizzazione della maggior parte delle coltivazioni.
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