Il Lamarckismo: un'altra teoria dell'evoluzione
Scritto e verificato il biologo Miguel Mata Gallego
Il lamarckismo è una teoria che afferma che gli esseri viventi tendono ad essere più complessi e ad evolversi per soddisfare un bisogno. Fu respinta alla fine del XIX secolo, in seguito all’emergere della teoria della selezione naturale di Darwin e Wallace. Tuttavia, alcune delle sue idee, sembrano essere state rivendicate alla luce delle nuove scoperte scientifiche.
Quali sono queste scoperte e perché dovrebbero sostenere il lamarckismo? Le teorie evoluzionistiche attuali, sono concetti che stanno diventando obsoleti? Continuate a leggere per saperne di più.
Il lamarckismo e le giraffe che allungano il collo
Il lamarckismo è una teoria che, quando fu proposta all’inizio del XIX secolo, sembrava convincente nella sua semplicità. Si basa su un principio elementare: gli animali tendono a diventare più complessi a causa di un “impulso vitale”, che li motiva a sviluppare le loro caratteristiche per soddisfare determinate esigenze.
Jean Baptiste de Pocquelin, un cavaliere di Lamarck, spiegò molto graficamente la sua teoria con il noto esempio delle giraffe.
Secondo questo esempio, in origine le giraffe dovevano avere un collo piccolo, che permetteva loro di raggiungere le foglie inferiori degli alberi. Tuttavia, a causa della concorrenza tra di loro, la loro fonte di cibo si esauriva rapidamente.
Pertanto, le giraffe avrebbero fatto uno sforzo particolare per raggiungere le foglie più alte e il loro collo si sarebbe allungato fino alla lunghezza che conosciamo oggi.
Lamarckismo, una teoria antiquata… in parte
Tuttavia, dopo la pubblicazione nel 1859 de “L’origine delle specie” di Charles Darwin, le idee lamarckiste caddero in disuso. Darwin dichiarò che i cambiamenti evolutivi sono avvenuti per selezione naturale dell’animale più adatto, avendo gli animali caratteristiche variabili. Così, nell’esempio delle giraffe, alcune di loro avrebbero il collo più lungo, che le renderebbe più adatte a sopravvivere.
Questa, con successive modifiche, è la base della teoria evoluzionista contemporanea: la selezione del più forte. Ai nostri giorni, la teoria darwiniana della selezione naturale è ampiamente accettata, ma alcuni aspetti del lamarckismo si stanno riconsiderando come attendibili, in base a ciò che hanno scoperto alcuni studi. Continuate a leggere per saperne di più.
Darwin affermò che i più forti nascono con le caratteristiche adeguate alla sopravvivenza e che, di conseguenza, hanno più probabilità di avere successo. Sono quindi selezionati nelle generazioni future. Lamarck, invece, disse che più è richiesto l’uso di un organo, più esso si svilupperà nella vita dell’animale.
L’ambiente modifica i geni?
Viviamo in un mondo dove viene accettato che i geni e la loro variabilità, siano alla base dell’evoluzione. Alla maggior parte delle persone, consciamente o inconsciamente, è stato insegnato che la teoria di Darwin è il punto di riferimento sull’idea evolutiva delle specie.
Tuttavia, a volte non ci rendiamo conto che alcune delle idee di Lamarck sono perfettamente plausibili. Non tutto nella vita è determinato solamente dai geni, né i geni sono indipendenti dall’ambiente in cui viviamo. Ci sono diversi modi in cui l’ambiente potrebbe modificare i geni, data la natura chimica del genoma.
Ora esploreremo alcune delle idee lamarckiste e vedremo quali di esse potrebbero essere plausibili e quali dovrebbero essere scartate. Ci muoviamo sempre in territorio speculativo, quindi nulla di quanto si menziona deve essere preso per totalmente vero o falso.
Le mutazioni sono casuali, non hanno direzione
Una delle idee sbagliate sulla teoria dell’evoluzione darwiniana è che questo meccanismo biologico persegue un fine specifico.
Si tratta però di un’idea lamarckista, poiché sostiene la teoria secondo cui gli adattamenti negli animali hanno un significato: le giraffe allungano il collo, le aquile sviluppano la vista, i cani migliorano l’olfatto e così via. Darwin, tuttavia, ha scartato questo fatto e ha semplicemente ipotizzato che coloro che si sono naturalmente adattati meglio, avrebbero prosperato.
L’esperimento di Luria e Delbruck del 1943 lo illustra molto bene. Secondo Lamarck, l’evoluzione è direzionale, cioè perseguirà alcuni adattamenti benefici.
Tuttavia, Luria e Delbruck hanno dimostrato che i batteri si sono adattati ai virus batteriofagi in modo del tutto casuale, non cercando di adattarsi. Le mutazioni sono il risultato del caso, non una predisposizione nell’organismo a generare mutazioni in una specifica direzione.
Cambiamento dei geni in ambienti ostili
Tuttavia, questa opzione sembra del tutto plausibile. Secondo alcuni studi, le piante di Arabidopsis stimolano la ricombinazione dei loro geni in risposta agli attacchi dei funghi parassiti. Questo meccanismo migliora la variabilità genetica, che può risultare in un vantaggio per le piante.
Altri articoli sostengono questa idea, aggiungendo che questo aumento della ricombinazione genetica si verifica anche a fronte di altri tipi di stress, come l’esposizione ad alcuni composti tossici.
Sebbene un meccanismo simile non sia stato provato negli animali, possiamo vedere come alcune condizioni possano influenzare i geni. E non solo, dimostrerebbe anche che sono gli stessi esseri viventi che possono influenzare il loro DNA a seconda delle condizioni.
Non tutto nella vita è genetico
Sebbene la teoria darwiniana e le sue modifiche contemporanee siano considerate corrette, dobbiamo evitare di pensare che tutto si riduca semplicemente a cromosomi.
È chiaro che la natura chimica del materiale genetico lo rende in costante relazione con l’ambiente che lo circonda, e quindi in grado di essere modificato secondo le condizioni prevalenti. Queste teorie possono scioccarci, ma hanno alcuni componenti verosimili nei loro postulati.
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Luria SE, Delbrück M. ”Mutations of Bacteria from Virus Sensitivity to Virus Resistance.” Genetics 1943 Nov; 28(6):491-511.
Lucht JM, Mauch-Mani B, Steiner HY, Metraux JP, Ryals J, Hohn B. ”Pathogen stress increases somatic recombination frequency in Arabidopsis.” Nature genetics 2002 Mar; 30(3):311-314.
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